In questi giorni già difficili per Mimmo Criscito, si leggono commenti di ogni genere: alcuni parlano di un finto infortunio – strateghi del Risiko calcistico – altri lo criticano definendolo traditore o accusandolo di abbandonare la nave che affonda (nessuno lo disse per Scoglio…) – complottisti alla Black Mirror.
La realtà è lontana anni luce e, fortunatamente, in molti se ne rendono conto. Partiamo col dire che il problema fisico è reale e certo, purtroppo.
Poi, ricordiamo il suo cuore essere RossoBlu. Mimmo sta sicuramente soffrendo per il suo Genoa, prima dell’infortunio avrebbe voluto giocare, con tutta la grinta, l’esperienza, la passione ed il fiato in corpo. In casa con la Salernitana, anche dopo l’uscita di Vasquez, non ha avuto la possibilità di contribuire ed è rimasto a vedere i compagni, cercando di sostenerli, ma soffrendo per il desiderio di mordere l’erba, ma soprattutto le caviglie degli avversari. Non è uomo che si tiri indietro.
E’ un Mimmo silenzioso, che probabilmente vorrebbe urlare. Qualcuno mi ha anche detto: “Ma se veramente volesse rimanere, parlerebbe, scriverebbe qualcosa su Instagram”. Quando ho fatto notare la comunicazione non essere libera, ma vi siano regole dettate dalla società, la risposta è stata pronta: “Cosa sono 50mila euro di multa per lui? Potrebbe farlo e pagare la penale”. La definirei affermazione molto “italiana”, ma il rispetto delle direttive ne fa invece persona lodevole, che nonostante il male ricevuto cui potrebbe opporsi “con pochi spiccioli”, segue un accordo scomodo e per lui ulteriormente penalizzante. Ne fa un professionista serio, lo stesso che abbiamo visto tante volte in campo prendersi la responsabilità di battere rigori “pesanti”, di comandare la difesa, di vantare lo scorso anno il maggior numero di recuperi palla.
E poi c’è qualcosa di ovvio, che nessuno considera: 2 (+ 1, ma troppo piccola) figli genoani, che piangono, sperano, gioiscono per quei colori che hanno dentro, “istruiti dal papà”, come nelle migliori tradizioni di tifosi, sempre presenti allo stadio. Di padre in figlio. Sradicarli da qui, dove peraltro ha da poco acquistato nuova casa, non sembrerebbe possibile, giusto. Potrebbe viaggiare, ma una traversata non è l’ideale e peraltro il Canada in questo periodo non è proprio regno di serenità e pace. Ma quest’ultima è una considerazione in più, personale.
Insomma, come Pandev, è l’accettazione del non essere voluto, del non essere ritenuto utile a spingerlo verso Toronto, incentivato anche un po’ dalla mancanza di fiducia da parte di alcuni tifosi che lo accusano e insultano. Perché in questo un po’ bambini i giocatori lo restano sempre, ed allora pesa il “non sentirsi più amato”, mentre già dentro ti rendi conto l’età non essere dalla tua. Ma vi invito ad un’esperimento: ora sarebbe inutile perché ai box, ma se avrete tempo e modo, fermatevi all’altezza del casello e sbirciate l’allenamento, guardate cosa accada, come sia gestito. E no, non serve commentare “ma con lo stipendio…”, o peggio ” va via per soldi”. Non è questione economica: sentirsi “inutile”, messo da parte, non considerato e spinto via, non si può contrastare con l’assegno mensile, soprattutto quando si ami il proprio “mestiere” e la maglia che si ha indosso. Ed allora, se per il nuovo Genoa si è troppo vecchi, un peso, un mero stipendio in più fuori da un progetto, è proprio l’amore che fa volgere il pensiero alla partenza: per i colori che ti scorrono dentro non si può essere “dannosi”.
Eppure, caro Mimmo, vorrei vederti in campo, vorrei avessi la possibilità di mostrare quanto tu possa dare e quanto creda nella salvezza, vicino a Vasquez, sulla linea di difesa a sinistra… lì vorrei ancora guardarti entrare in tackel, ma il progetto purtroppo non lo consentirà.