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Rubrica -Three Lions

Amarissimo ritorno a Wembley: l’Italia è svanita in un anno

Dal nostro inviato a Londra: Simone Filippetti

Nel vocabolario inglese la parola DeJa-Vù non esiste (e infatti usano anche loro quella francese). Quando gli Azzurri entrano, dopo un anno, sull’erba di Wembley a prepararsi per la Finalissima 2022, una sorta di SuperCoppa delle Nazionali, ultima invenzione in casa Uefa, sembra tutto già visto, un deja-vù appunto. la memoria corre a Gigio Donnarumma che para l’ultimo rigore e si avvia verso la bandierina senza accorgersi che ha appena fatto vincere all’ltalia gli Europei; e a Bonucci che, in modalità bulletto di periferia, si lascia andare a sfottò da bar di provincia. Gli inglesi, nel frattempo, la pasta l’hanno mangiata e infatti hanno staccato un biglietto per il Qatar, il prossimo Novembre. L’Italia, invece, ai Mondiali non ci andrà. Di nuovo: anche qui un DeJa-Vù.

La Nazionale ritorna nello stadio che ha riportato il paese alle Notti Magiche del 1990 ma che poi le ha anche subito fatte svanire, nell’onta della mancata qualificazione alla Coppa del Mondo: due volte di fila, mai successo. Ma i ricordi, come sapeva bene Leopardi, sono ingannevoli perché la nostalgia li camuffa.

In una serata che assomiglia molto a quell’11 luglio del 2021, la chiamano British Summer, l’estate britannica ma agli occhi di un italiano è un autunno, gli Azzurri mettono la pietra tombale sulle Notti Magiche: svanite, ora è solo buio pesto. Euro2020 è stato solo un fuoco di paglia, le 30 e passa partite senza sconfitte della gestione Roberto Mancini un record inutile e provinciale.

Sulla strada che porta a Wembley, si incrociano solo maglie albicelesti di tifosi che si dirigono allo stadio: sembra un presagio negativo. E così sarà.

La Londra che ospita la Finalissima è una città distratta: il traffico non è per la partita, ma sono gli inglesi che vanno fuori città a passare il lungo ponte della Regina. Il giorno dopo si festeggia il Giubileo di Platino di Elisabetta II, un momento storico per il paese. Questa coppa ripescata dagli annali (l’ultima si giocò quasi 40 anni fa) passa quasi inosservata mentre migliaia turisti sfilano lungo il Mall, il vialone di Buckingham Palace, tutto addobbato con le bandiere del Regno Unito, in attesa della parata militare del 2 giugno. Gli inglesi, che giocavano in casa dodici mesi fa, ora sono spettatori disinteressati ma con un una malcelata simpatia per gli argentini. Quando è la volta di Lionel Messi a entrare in campo per il riscaldamento, Wembley esplode. E’ lui la vera star della serata, la celebrità che tutti sono venuti ad ammirare: e non deluderà. L’Italia si gioca l’unico trofeo dell’anno, che sarebbe già di per sé una magra consolazione, ma non c’è nemmeno quella. Per l’Argentina è poco più di un amichevole, lei che in Qatar ci andrà, ma fin da subito si capisce che non i sudamericani non sono venuti a fare passerella.

La Finalissima 2022 è un po’ come la Coppa Italia: non vale niente se la vinci, ma se la perdi è una tragedia. In campo la porta Marco Tardelli, uno che di finali se ne intende, ma l’Italia dell’ 82 è ormai un calcio, e un paese, che non esiste più. Sarà una tragedia per l’Italia: i campioni d’Europa sono scomparsi, schiantati definitivamente. Perdere si può, ma così è una debacle. La Nazionale è lo specchio del paese: in declino. Pochezza di gioco e di idee: E’ finita 0-3, con una perla di Paulo Dybala al 90esimo, ma sarebbe potuta finire tranquillamente 0-6.

Prima della partita, gli schermi mandano, impietosamente, le immagini di Euro 2020 con Federico Chiesa che esulta in scivolata. Poi virano in diretta sul pullman deIl’Italia che arriva allo stadio. Balza agli occhi perché i giocatori italiani sono gli unici a indossare la mascherina tra le 87mila e 112 persone presenti. Vorrà dire qualcosa anche quello: il Covid è finito, ma come quel giapponese nella foresta, l’Italia non è stata informata.

E’ una partita a senso unico: l’Argentina che attacca, verticalizza, corre. Tiene la difesa altissima. Tutto il contrario di quello che fa l’Italia, che sembra la Juve di Allegri. Novanta minuti di difesa. Ci riesce anche bene, e per questo evita che la debacle diventi una sconfitta vergognosa.

Dopo le due sberle prese nel primo tempo, gol di Lautaro Martinez e del divino Di Maria ma entrambi con la regia di Messi, nel la secondo tempo ci si aspetta una reazione rabbiosa. Ma non ci sarà mai. Argentina è in controllo totale e anzi l’ispirato Di Maria costringe Donnarumma a due super parate in pochi minuti. La nazionale albiceleste dilaga: Italia è presa a pallonate.

La nazionale di Mancini fa quel che può. Ma può poco: la Serie A piena di stranieri non produce più giocatori nostrani. Ma è cosi ovunque ormai, gli stranieri sono in ogni campionato, però gli altri vincono: ai calciatori italiani, pieni di tatuaggi ma vuoti di garra, manca la fame. Il dramma è davanti: due terzi dell’attacco azzurro, Belotti e Raspadori, sono giocatori che non fanno nemmeno la Conference League e giocano in club minori di un campionato decaduto. Il terzo è Bernardeschi, scarto della Juve attualmente disoccupato. Il ct schiera la medesima formazione che gli portò fortuna in questo stadio (al posto dell’infortunato Chiesa, Raspadori appunto): scaramanzia o mossa strategica? Se fosse per la prima, sarebbe comprensibile. Perché se la strategia era puntare sul senso di rivalsa, sulla voglia di riscatto, è stato un flop totale. La chimica di Euro 2020 si era già persa una fredda sera di Belfast, con un insipido pareggio contro la non irresistibile Irlanda del Nord. Oggi è arrivata solo la certificazione ufficiale dell’inconsistenza della Nazionale.

Passaggi orizzontali, poche verticalizzazioni, zero corsa e poco talento. E’ svanita la magia: l’alchimista Mancini ha perso la formula e anche il successo di Euro2020 ne risulta ridimensionato. Ritrovarla sarà molto difficile con lui o chiunque altro si siederà sulla panchina. Il vero problema non è tanto la coppa persa, ma che l’Italia umiliata dall’Argentina è una squadra che non è in grado di qualificarsi nemmeno per i Mondiali del 2026. Messi che ruba palla a un imbambolato Jorginho e si invola da solo bevendosi mezzo campo e mezza difesa dell’Italia è la migliore fotografia di una Nazionale e di un paese. Sipario.

“Simone Filippetti, giornalista del Sole 24 Ore basato a Londra, è autore e commentatore tv. Ha vissuto a Milano e New York. E’ autore di numerosi libri: Serenissimi Affari (Marsilio, 2014); I Signori del Lusso (Sperling&Kupfer 2019); e il recentissimo Un Pianeta Piccolo Piccolo (Il Sole 24 Ore 2021)”

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