C’era un tempo in cui tutti sparavano contro allenatore o giocatore di turno e tutto era lecito, si fischiava la squadra, si giravano le spalle al campo. Ci si divideva sull’opinione che veniva espressa in qualsiasi modo possibile: con veemenza e soggettività, con lucidità, con astio dovuto a “terze parti”, con interessi mal celati.
C’era un tempo in cui l’unico a non poter essere criticato era Ballardini, che di critiche invece ne meritava molte. Nessun rimpianto per l’epoca.
E poi arriva l’oggi. Quell’oggi in cui nessuna visione alternativa al “è tutto bellissimo” “siamo splendidissimi” appare possibile. E non solo per opinionisti e giornalisti palesemente avvelenati, a cui va dato atto l’aver semplicemente perpetuato un atteggiamento da sempre proprio (non si è mai capito spinti da cosa, o forse sì…), ma per chiunque. L’oggi è quello dell’unità finalmente ritrovata, dei suddetti detrattori ancora scatenati su cui sfogarsi, della gioia apparente e obbligata. Tutti siamo felici della prima vittoria in casa, notiamo le tante occasioni sprecate, siamo fiduciosi e consci questa squadra possa dare tanto e possa migliorare. E fin qui tutto bene. Ma c’è un angolo buio in questo momento di idillio. Quello che impedisce di esprimere un’opinione diversa dall’entusiastico “siamo una squadra fortissimi”. E lo siamo, ripeto. Ma la posizione in classifica e le prestazioni complessive, raccontano anche di una possibilità di critica. Costruttiva, non distruttiva.
Non si può riferire un’idea di Blessin non entusiastica, senza venir definito “doriano infiltrato” o “vedova di Preziosi” o “complottista”. Eppure ricordo bene la lettera contro l’idolo Scoglio, gli insulti a Gasperini… perfino loro, tanto amati quanto rimpianti. Siamo d’accordo, è tempo di unità e slancio e gli oltre 20mila abbonamenti lo dimostrano: ci siamo, insieme per un obiettivo. Ma si può dire che così la meta sarà quantomeno più difficile da raggiungere? E che questa difficoltà deriva da carenza di gioco ed idee e quindi dalle direttive di Blessin? In teoria no. Ma lo dirò lo stesso. E non per disfattismo e nemmeno perché creda si debba esonerare il tedesco. Ma solo per evidenziare punti, certamente chiari anche a lui ed a cui si può porre rimedio. Ed allora vado avanti e lo dico, pronta a ricevere critiche per aver applicato il legittimo diritto di… critica.
Partiamo da un’evidenza. Anche in partite dove si doveva vincere, come con il Parma, dove 2 reti sono state subite per “sfortuna”, si è vista mancanza di idee. Il Parma, con una pessima difesa, mostrava di saper gestire la palla, a centrocampo sapeva cosa fare, sfruttava le fasce. Con limiti e imprecisioni, ma Pecchia ha evidentemente dato l’impronta.
Poi. Palermo e Modena sono due formazioni decisamente inferiori al Genoa eppure il tipo di partita è stato lo stesso. Con gli stessi limiti. Momenti di bel gioco, all’altezza di nomi e aspettative e improvvise sparizioni e lunghe fasi confuse, in cui non si sapeva cosa si volesse fare realmente della palla. Perché il centrocampo viene quasi sistematicamente scavalcato, Badelj riceve quasi sempre palla come vertice basso, spalle alla porta e serve semplicemente il compagno accanto, la difesa fraseggia in orizzontale fino a che, troppo spesso, senza sfruttare al meglio le fasce, si finisce con un lancio lungo di ballardiana memoria. E se per Milan ci sta un momento di attesa anche per ritrovare lo stato di forma, Hefti sta palesemente subendo la scelta di puntare sulla fase difensiva e così perdiamo quel valore aggiunto che può fare la differenza nella costruzione, nel risultato, in ogni singola partita. Con Coda, ci si aspettava gli esterni giocassero alto per favorirlo. Se anche la scelta resterà questa, qualcosa bisogna pur fare per agevolare gli schemi non ben inquadrabili ancora. “Tutte le squadre contro il Genoa si chiudono”. Be’, non è che ci si aspettasse qualcosa di diverso. Ci si dovrebbe invece aspettare che dopo un goal fatto non si difenda il risultato, ma si provi a creare.
Ebbene. Se non vogliamo dire che manca gioco, che l’ottica è troppo conservatrice quando in vantaggio, che Coda lo si vuol vedere davanti e non a servire gli altri, che sulle fasce giochiamo poco e che in difesa, su ricostruzione, non si può sempre passare per vie orizzontali o lanci in avanti (“quando non “a brettio”) e su azione o corner avversario lasciare il secondo palo scoperto, che c’è chi si fa in 4, ma rischia di girare a vuoto, che alcune decisioni sono perlomeno da comprendere (se p.e. Yalcin sabato era in supporto a Pajac sulla fascia, perché dopo 10 minuti si è accentrato, creando difficoltà a se stesso ed al compagno? si immagina siano direttive), possiamo almeno dire che forse, sarebbe il momento di sfruttare Aramu e Pușcaș? Perché non regge né la scusa “non sono pronti”, né non comprendono ancora i meccanismi anche a fronte di quanto appena detto. Magari cambierà tutto e troveremo quel gioco che, mi spiace, ma io proprio non vedo se non nelle folate momentanee che sottolineano il “vorrei, ma non posso”. Non è questione di occasioni. Il campionato è lungo e le squadre con cui competere molte. E se la maggior parte ha la chimerica idea di gioco, è tempo di realizzare il nostro.
Coda è un acquisto eccellente. Coda è più di un bomber. Ad oggi però è l’unico che mette la palla e fa da rifinitore e, dopo essere stato 2 anni consecutivi capocannoniere, ha segnato solo un rigore. Questo è l’emblema di quanto voglia esprimere. Si può e deve fare di più perché così, il bellissimo e fattibilissimo “only one year” si infrangerà contro il gioco di squadre anche meno quotate e attrezzate, come già accaduto.
Blessin crescerà, Blessin ci mostrerà quanto sto reclamando. Blessin ci farà divertire. Ci crediamo, si può fare, si deve fare. Veritas filia temporis