Per i Genoani questo momento è fondamentale. La maglia ha sempre avuto un importanza simbolica dai risvolti storico-culturali mai trascurabili. Per questo spesso sono stati critici, quasi maniacali nel controllare ogni dettaglio sia perfetto e significativo. Fino a definire il Rosso, in quella punta precisa di tonalità che purtroppo nella maglia si è persa per questione di marketing, in modo singolare: “Rosso sangue di piccione” (definizione, a dire il vero, coniata ed introdotta dall’amante, esteta ed esperto Maurizio Montoneri e ripresa dal Genoa stesso)
E possiamo certamente affermare che Robe di Kappa, anche quest’anno, ha soddisfatto le più rosee aspettative. Quando fece il suo ritorno, fu accolto con diffidenza nel ricordo di quella “vecchia” maglia il cui logo aziendale osava essere troppo, invasivo, decisamente ridondante su di una manica che ne veniva ricoperta distraendo l’occhio, utilizzando inoltre un colore unico che solo il Grifone aveva ed ha diritto di sfoggiare. Ancor prima della presentazione, quindi, molti tifosi lamentarono la scelta, salvo poi rimanere sorpresi e dichiararsi soddisfatti.
Oggi, il tanto atteso momento è arrivato tra curiosità e grande aspettativa, al limite dell’entusiasmo. La nuova divisa rivelata, con un video emozionale registrato nei vicoli ripresi anche come sfondo sulla stessa maglia, ha donato gioia e scaldato i cuori. E’ perfetta. La chicca poi la si trova sul retrocollo, nell’orgogliosa scritta “INTO CHEU DE ZENA” (nel cuore di Genova) che ha sostituito un’altra grande “verità” (IL CLUB PIU’ ANTICO D’ITALIA) e saputo cogliere il basilare sentimento che accomuna tutti i Genoani: l’appartenenza a Genova, l’unicità del proprio essere, l’amore per la propria storia fatta anche di/nei caruggi.
Nelle chat, sui social, ovunque i commenti sono positivi, festosi e orgogliosi. Perché anche di questo il tifoso Genoano vive. Impensabile modificare il logo come avvenuto per la Juve, piegarsi al volere del marketing contro la propria storia. In passato qualcuno osò. Pensiamo a Fossati, con quella testa di Grifone denominata subito “gallinaccio” e Dalla Costa, con un restyling anch’esso contestato e mal digerito. Forse, l’unico cambiamento che tutti vorrebbero introdurre, sarebbe quello di una coda più alta, dritta, non inclinata verso il basso a ricordare le motivazioni storiche che videro il simbolo di Genova umiliato fino a portarla in mezzo alle gambe. Ma sarebbe un vezzo, un qualcosa in più non necessario. L’importante è lo stemma non venga cambiato, mai.
Il simbolo non è né allegoria né segno, ma l’immagine di un contenuto che per la massima parte trascende la coscienza. (Carl Gustav Jung)