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Calcio Argentino

Ramon Diaz ed Ernesto Pellegrini: due signori del calcio.

 

Ramón Ángel Díaz  è stato un giocatore e un allenatore magnifico e fortunato.  Nato a La Rioja in Argentina nell agosto 1959, cresciuto nel River Plate,  diventerà una bandiera del club con il quale vincerà  il titolo nazionale sia come giocatore, con allenatore Daniel Passarella, che come allenatore del River.

 

Diaz, soprannominato “el pelado”,  in Argentina esplose nel 1979,  vincendo come trequartista il mondiale under 20 in Giappone,  insieme ad un altro giovane fenomeno di nome Diego Armando Maradona.

 

Ramon Diaz è stato un giocatore divino con un tiro secco splendido come spesso accade ai talenti mancini sudamericani.

Un uomo che ha vinto tanto sia da giocatore che da allenatore.  E’ stato da tanti definito come un “puntero triste” ma, in realtà chi lo conosce da sempre sa che non è  così.

 

In Italia il percorso del puntero argentino lo vede prima a Napoli, poi ad Avellino, alla Fiorentina ed infine all’Internazionale, vincendo il famoso scudetto dei record del 1989 con Giovanni Trapattoni in panchina ed Ernesto Pellegrini presidente.

 

El pelado ha sempre avuto rapporti splendidi coi compagni di squadra in campo e fuori campo. Gli  unici problemi li ebbe a Napoli nella sua prima stagione in Italia.

Ramon non fece bene a Napoli rispetto alle aspettative. Fece solo tre goal , ma in quel caso fu influenzato da problemi extra calcistici (neanche direttamente legati alla sua persona) a togliere la serenità  al pelado albiceleste.

 

Si può però dire che Ramon Diaz sia stato un giocatore spesso fortunato nei suoi passaggi da una società all’ altra, trovando sempre il modo di guadagnare bene ed essere apprezzato dalle tifoserie.

Il passaggio dal Napoli all Avellino ci fu perché, gli azzurri avevano preso il brasiliano Dirceu e l’olandese Ruud Krol, l’ unica squadra in Italia che non aveva il secondo straniero (vincolo previsto a quel tempo)  era l Avellino che aveva in rosa solo il peruviano Gerónimo Barbadillo.

Si creò quasi automaticamente lo spazio per Ramon e,  il suo triennale fatto col Napoli l’anno prima si stralciò con una buonuscita,  e così gli fu possibile  firmare un nuovo contratto con l’Avellino, dove tra l’altro fece molto bene.

 

Ma la storia di Ramon Diaz aveva ancora in riservo ulteriori incredibili sviluppi in un crescendo che videro il loro apice all’Internazionale di Milano anche in questo caso per contesti fortunati.

Nel 1988 il  Porto squadra portoghese vinse la Coppa dei Campioni. In questa squadra brillava la stella algerina di  Rabath Madjer, centravanti fortissimo, soprannominato “il tacco di Allah”.

l’Internazionale di Milano cercava una punta per coronare un mercato faraonico.

Quell’ anno il presidente nerazzurro Ernesto Pellegrini aveva acquisito i cartellini dei fortissimi tedeschi  Lothar Mattheus ed Andreas Brehme e dei giovani talentuosi italiani Nicola Berti e Alessandro Bianchi .

Mancava solo il centravanti da affiancare ad Aldo serena e Pellegrini non si fece mancare Madjer.

Purtroppo le visite mediche non assicurarono l’idoneità del “tacco di Allah” e l’affare sfumò quando i giochi sembravano fatti.

L’ Inter si trovò così  spiazzata ma chi gestiva la procura di Ramon Diaz fu bravissimo e rapidissimo nel proporre la punta argentina al posto di Madjer al presidente Ernesto Pellegrini che accettò al  volo la proposta d’acquisto dell’Argentino.

Il fatto particolare è che tra Ramon è il Presidente si instaurerà un rapporto davvero splendido. Un’intesa, una simpatia, un’empatia immediata come se si conoscessero da una vita.

 

Ad ostacolare l’acquisto di Ramon Diaz fu l’allenatore Giovanni Trapattoni che  non riteneva la punta argentina adatta al suo gioco prettamente difensivista.

Il lavoro degli intermediari su Trapattoni fu alacre e alla fine convinsero il mister al tesseramento  dunque dell’argentino.

 

In ogni caso il  Trap fece passare un bel po di tempo  prima di dar completa fiducia a Diaz riconoscendo in lui una pedina fondamentale per la rosa.

In quel periodo all Internazionale Giovanni Trapattoni era reduce da un triangolare in cui , manifestando un periodo di confusione,  era arrivato addirittura a provare un Beppe Baresi a fine carriera terzino sinistro insieme ad  un certo Andreas Brehme mediano!

Giovanni Trapattoni, all’Inter dal 1986, è sempre stato un difensivista incallito e nella sua carriera, tendeva ad accontentarsi sempre di pareggi esterni e vittorie interne di misura. Occorreva convincerlo che bisognava azzardare di più sul piano offensivo.

I nerazzurri, nel dicembre 1988, subirono l’eliminazione dalla Coppa campioni contro il Bayern monaco anche a causa della scelta folle del mister di far giocare un giovane della primavera nerazzurra, tale Dario Morello al posto di Ramon Diaz,  perché riteneva che  il giovane Morello avrebbe assicurato maggiore copertura alla squadra.

La settimana dopo l’eliminazione dalla Coppa dei Campioni  l’ Internazionale vinse un derby, per buona parte del match in difesa, con goal dell ‘unica punta schierata in campo,ossia Aldo Serena.

Solo a quel punto Trapattoni realizzò che la squadra aveva bisogno di uno come Ramon Diaz per poter fare un autentico salto di qualità.

Fu da quel momento che si avviò quella corsa che portò allo scudetto dei record del 1989.

Un successo in cui furono fondamentali i gol d’ El Pelado.

Ramon Diaz aveva un tiro talmente secco che si poteva leggere la scritta della pubblicità sul pallone mentre questo correva, appena staccato dal suo magico sinistro, per inevitabilmente gonfiare la rete.

 

In quella magica stagione 1988/1989 Ramon Diaz solidificò il suo rapporto col presidente dell’Inter Ernesto Pellegrini .

I due si son sempre piaciuti.  Due veri signori, due persone per bene vecchio stampo tra cui si sviluppa una straordinaria empatia.

Ad inizio stagione 1988/1989 Pellegrini fissò una cifra per ogni goal di Ramon Diaz fino a quota dieci. Premio che sarebbe addirittura raddoppiato nel caso l’argentino lo avesse superato.

Quell’anno i gol di Diaz furono tredici.

Quando l’Inter acquistò Jurgen Klinsmann, centravanti tedesco in escalation mondiale e lasciò Ramon Diaz Ernesto Pellegrini fece di tutto per trattenere l’argentino. Provò addirittura a convincere la Lega italiana calcio ad elevare da due a tre il numero degli stranieri per squadra, pur di trattenere Ramon, ma non fu possibile.

Chi fu presente al momento del saluto e dell’addio di Ernesto Pellegrini a Ramon Diaz,  nell ufficio del presidente,  racconta di due uomini piangenti come solo accade quando un padre saluta un figlio, con fiumi di lacrime di passione di fuoriclasse nel campo e soprattutto fuori.

La storia di Ernesto Pellegrini parla chiaro. Fu un uomo che, nei momenti bui del paese, è sempre stato pronto a dare una mano con le sue attività  di mensa ai più  bisognosi senza cercare la pubblicità.

“Signori si nasce non si diventa” diceva un altro grande italiano di cui andare fieri come Totò.

 

Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

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