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Analisi e opinioni.

Genoa : Panchina TraBALLAnte!

Ringraziamo Diego Pistacchi, caposervizio de Il Giornale – edizione Piemonte Liguria – che ha accettato di inviarci un commento sulla situazione del Genoa e del tecnico in discussione.

Otto partite sbagliate su otto. E’ sempre riduttivo guardare le medie punti e i numeri per giudicare l’operato di un allenatore. Certo, contano, e anche giustamente, perché poi come in tutte le aziende, il risultato è quello che conta. Ma il calcio regala spesso anche ingiustizie, esiti che non rispecchiano l’andamento di una partita, errori arbitrali ed episodi più o meno fortunati che stravolgono tutto. Ma il lavoro di un allenatore si vede al di là dei risultati. Al limite si può pensare che sia giusto dargli un’altra chance o più tempo, se si vede il lavoro che c’è dietro.


Il problema è che adesso quelli che per difendere, anzi per esaltare Ballardini, hanno sempre sventolato la media punti e il fatto che abbia salvato il Genoa tre volte, hanno perso anche l’ultima scusa. La penultima, se n’era andata con il cambio di società. Perché bisogna fare davvero i salti mortali per dare ancora la colpa a Preziosi.


Il problema è che, appunto, Ballardini ha sbagliato a impostare tutte le partite di questo campionato. Qualche volta gli è andata bene e le ha raddrizzate, altre no. Ma le ha sempre sbagliate. Lo dicono – questa volta sì – i fatti, i risultati. Il Genoa è sempre sempre sempre andato sotto. Ha sempre chiuso i primi tempi a reti bianche o in svantaggio, contro il Sassuolo ha segnato il primo e unico gol di tutti i primi tempi, dopo essere andato sotto di due. Anzi, dopo essere stato preso a pallonate e graziato ripetutamente evitando un passivo assai più pesante. E prima di pensare ai secondi finali con il sogno della clamorosa vittoria, occorrerebbe ricordare i gol sbagliati a porta vuota dai neroverdi anche nella ripresa.


Obiezione dei ballardiniani: ma la reazione poi c’è sempre stata. A volte è arrivato anche il pareggio, in un caso anche la vittoria. Innanzitutto ci sono sempre stati i ripetuti cambi di impostazione che hanno confermato le scelte iniziali sbagliate, dimostrando come il tecnico non abbia mai azzeccato una gara in fase di preparazione. Poi la reazione, spesso soprattutto d’orgoglio più che di gioco, ha semmai dimostrato la qualità umana e professionale dei calciatori a disposizione. Infine, ma non per importanza, è sempre suonata come un atto d’accusa verso chi ha ogni volta impostato la partita per non subire, avendo invece la capacità di mettere sotto l’avversario. Bologna e Salerno sono stati due esempi clamorosi, nel primo caso con un doppio pareggio arrivato pochi minuti dopo essere passati in svantaggio e nel secondo con diverse occasioni da gol create non prima di averlo subito: finché non si prende gol guai a giocare a calcio.


Nelle critiche che piano piano si iniziano a sentire nei confronti del tecnico, emerge spesso la considerazione che non ha mai messo in campo la stessa formazione. Non è un problema di nomi, di interpreti (quelli possono anche cambiare) quanto di assetto tattico. E quello no, quello non deve cambiare anche sette o otto volte a partita, ed essere sempre differente per correggere quello iniziale. Il Genoa non ha un’identità e l’identità la può e deve dare solo il mister. Il Genoa non ha un gioco perché se gli stessi giocatori vengono chiamati a cambiare posizione più volte nella stessa gara, non possono avere degli automatismi. Lo stesso Ballardini, dopo la gara con il Verona, aveva detto che il Genoa non era ancora squadra. Ma la scusa del mercato non reggeva già più. Dopo un mese e mezzo con gli stessi uomini e una sosta della Nazionale, se non era squadra, la colpa non poteva che essere cercata alla specchio.


Ora a quelli che si ostinano a difendere il mister – dopo aver urlato alla cacciata di tanti suoi predecessori per molto meno – non resta che la carta della riconoscenza, delle tre salvezze conquistate. Ma anche qui, scivolano sulle stesse bucce di banana che tante volte hanno contribuito a spargere in passato per insidiare società e allenatori. Perché se si guarda indietro, Ballardini non ha fatto nulla di eccezionale. A salvare il Genoa ci sono riusciti tanti altri, visto che è da 15 anni che il Grifo gioca in serie A. E se si vuole giocare con i numeri, non c’è problema. Ancora lo scorso anno, dopo che il tecnico ravennate ha preso in mano il Genoa, ci sono stati due allenatori che sono subentrati in altrettante squadre, messe in classifica molto peggio del Genoa e con meno partite a disposizione. E le hanno salvate. Davide Nicola e Leonardo Semplici, con ciò che hanno fatto con Torino e Cagliari, dovrebbero essere considerati i migliori allenatori dell’universo.


La verità è meno complicata e iperbolica. E rende a Ballardini l’onore che merita, facendolo però scendere dal quel piedistallo di intoccabilità e di sacralità su cui è stato innalzato a furor di popolo, spesso anche perché visto con antagonista del “nemico” Preziosi. Ballardini, come Nicola, Semplici e tanti altri, sono buoni allenatori, capaci in particolare di prendere squadre in corsa, disperate, risistemare alcune cose, sfruttare la scossa del cambio, dare una chance agli scontenti dello spogliatoio e, grazie anche alla qualità delle rose (Genoa, Torino e Cagliari tecnicamente non avevano e non hanno neppure oggi nulla a che fare con i bassifondi), salvare la stagione.
Diverso è quando si tratta di fare qualcosa in più, di costruire. Chi non ha mai avuto la possibilità di provarci è stato semmai Davide Nicola, tanto al Genoa (salvato due anni fa in condizioni anche peggiori) tanto al Torino. Perché la riconoscenza è un sentimento umano nobile, ma spesso sul lavoro può essere irrazionale.


Se quest’ anno c’è stato un errore, grave, del quasi ex presidente Preziosi, è stato proprio quello di aver accettato la volontà del tifo e di confermare Ballardini per il quieto vivere. E se una responsabilità c’è già nella nuova proprietà, è quella di non aver preso una decisione con coraggio nei tempi giusti. Prima della sosta, dopo la sconfitta a Salerno, sarebbe stato opportuno cambiare. Adesso, alla vigilia di un filotto di partite fondamentali con squadre alla portata e alcune anche molto più scarse, può ancora esserlo. Più avanti rischia di essere sempre più tardi, venendo sempre più a mancare le alternative e passando le partite abbordabili.


Il 777 Partners ha già probabilmente il tecnico su cui puntare dall’anno prossimo. E questo può essere un problema, perché chi si può trovare disposto a fare da traghettatore per pochi mesi? Né d’altra parte è facile sottoscrivere a vuoto un altro biennale, avendo sulle spalle già il lauto ingaggio di Ballardini e lo stipendio di Maran. Il rischio però di un’altra stagione in apnea, con una squadra di livello che si trova ad annaspare al penultimo posto in classifica per una delle peggiori partenze di sempre in serie A, può essere ancora più pesante. Richiede una scelta aziendale. Rapida.

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