Connect with us

Editoriale

CURA ZANGRILLO E TERAPIA INTENSIVA SHEVA… di Diego Pistacchi

Genoa – Roma : il giorno dopo

Avevo iniziato a scrivere nell’intervallo, perché volevo che l’analisi di quel che si era appena visto in campo non rischiasse di essere condizionata da un eventuale risultato negativo. Ho sbagliato a non portare avanti questa impostazione perché inevitabilmente la sconfitta maturata alla fine, e ancor più il secondo gol, hanno dato linfa a quanti ancora sostengono che meglio di Ballardini non potesse fare nessuno al mondo e che i risultati sono gli stessi. Avendo perso l’attimo, sfrutterò almeno l’occasione di passare dalla cura Zangrillo alla terapia intensiva Sheva. Anzi, il contrario. Perché le cose andranno migliorando.


Partiamo dunque dalla terapia intensiva. Non so se in tv sia stato possibile vedere ciò che dallo stadio è apparso fin troppo evidente. Il Genoa ieri era una squadra, stavolta sì meno dotata tecnicamente dell’avversario nei singoli interpreti, ma una squadra. Si muoveva tutta insieme, sembrava tenuta insieme da un elastico che le impediva di disunirsi, di fare movimenti individuali che non fossero consentiti dal gruppo. E questa è una cosa che almeno quest’anno non si era mai vista. Che ricorda molto da vicino gli innovativi allenamenti portati dal Cholo Simeone all’Atletico Madrid.
Potendo osservare anche i giocatori senza palla, in fase di possesso della Roma, si vedevano i difensori chiamare i centrocampisti alla scalata in avanti, pronti a muoversi per occupare a loro volta lo spazio solo nel caso in cui il movimento richiesto fosse stato fatto. Il risultato concreto è stato un riuscito controllo del gioco avversario, che infatti ha avuto occasioni gol solo quando l’errore di un singolo faceva saltare ciò che era stato preparato. Un anticipo sbagliato, un contrasto perso, una posizione fuori dal coro sono cose che ci possono ancora stare dopo pochi giorni di prove. Ma il Genoa, seppure pressato, non ha mai sbandato.
E allora sì che – ancor più con fondamentali titolari fuori combattimento – il divario qualitativo tra le squadre si è dimostrato troppo netto, portando solo allo scadere a una capitolazione che ha lasciato l’amaro in bocca. Ma vedere il Genoa già applicarsi e muoversi da squadra è la miglior conferma della bontà di una terapia Shevchenko che, per i tempi stretti con cui è stata applicata e per la gravità del paziente, è più che mai una terapia intensiva.


Terapia intensiva e rianimazione, che poi sono la specialità della casa di Alberto Zangrillo, neo presidente rossoblù che si è presentato stamattina al Ducale, non un palazzo a caso, ma la sede della Fondazione della Cultura di Genova. Il Genoa come cultura di Genova. Sì, non a caso, perché tutto il leit motiv della conferenza stampa è stato proprio incentrato su quell’obiettivo complessivo che è l’investimento a medio/lungo termine di 777 Partners. Una “rivoluzione” l’hanno chiamata sia Josh Wander, sia Alberto Zangrillo. Una rivoluzione culturale appunto, una rivoluzione di metodo d’approccio. Qualcosa che va oltre il calcio. Credo che un passaggio in particolare possa riassumere tutti gli altri: “Il Genoa è uno strumento per riportare Genova ai livelli internazionali che le competono per storia e tradizione”. Una rivoluzione anche questo. Sentir definire il Genoa “uno strumento”, in altri momenti sarebbe bastato a scatenare una vera rivoluzione dei tifosi. Invece il sapore che lascia in bocca è stavolta diametralmente opposto. Fa sognare senza illudere.


Certo, i genoani troppe volte hanno alternato sogni a illusioni e disillusioni. Guai a pensare a un atto di fede incondizionato di fronte alle parole del nuovo corso. Lo stesso Zangrillo, ricordandolo, si immaginerebbe Pippo Spagnolo pronto a sospendersi dal ruolo di amico per diventare il suo primo oppositore. Ma a sostegno della richiesta di fiducia e di forte appoggio fatta dal prof, ci sono già atti concreti. C’è l’ingaggio di Shevchenko che, a prescindere dalle capacità che dimostrerà sul campo, rappresenta un impegno economico e di immagine fortissimo, fuori dall’orbita in cui aveva gravitato fino ad ora il Genoa. A gennaio manca pochissimo e il mercato ci metterebbe poco a svelare il bluff. La stessa figura di Zangrillo che si espone personalmente è una conferma che, nel caso, il grande inganno sarebbe stato architettato davvero bene e a danno di profili insospettabili. E poi, tutto questo, perché? Perché buttare via tanti soldi? Per divertimento? Per fare uno scherzo? Il closing non è arrivato il primo aprile. Nel calcio ancor più che in tanti settori, neppure la migliore programmazione può essere certezza matematica di successo. Ma una cura da Grifone come quella che è stata impostata quantomeno equivale a un vaccino all’atavica diffidenza del genoano.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *