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intervista a...

Andrea Mazza. Vado in Mongolia ad allenare seguendo le linee del Brera calcio

Quando si parla di calcio si dimentica spesso quale sia la sua vera essenza.

Lo sport dovrebbe essere una palestra di vita e non dovrebbe creare disuguaglianza.

Spesso però non è così.

Ci sono personaggi del mondo del calcio che grazie a questo gioco si sono attrezzati alla vita “fuori dal campo”.

Personaggi spesso nell’ombra che combattono quotidianamente cercando nel loro piccolo di aiutare i più deboli.

Lavorando a partire dai bambini per arrivare ai più grandi senza distinzioni per  etnia e classi sociali.

Uno di questi è Andrea Mazza.

Nato il 13 marzo 1960 a Milano, è stato un calciatore professionista dell’Internazionale fino alla stagione 1979/1980.

In seguito è stato professionista in molte piazze della Serie C come Modena e Voghera.

Ha  poi intrapreso la carriera da allenatore in realtà come Saronno, Legnano, Lecco e, più di recente, Pergolettese.

Sempre attento al sociale, ai meno abbienti ,oggi Andrea Mazza è stato scelto dal Brera Calcio, la terza squadra di Milano per andare ad allenare il Brera Ilch in Asia.

Il Brera Ilch , affiliata al Brera calcio Milano, gioca nel massimo campionato della Mongolia.

Andrea da dove nasce questa tua particolare attenzione al sociale?

Sono cresciuto a Milano in una zona popolare vicino Quarto Oggiaro. il calcio mi ha tenuto lontano da brutte cose come la malavita, la droga. Cose che, nel nostro quartiere, erano e restano purtroppo all’ordine del giorno.

Ho perso tanti amici per questi motivi e penso che il calcio possa essere un deterrente molto potente contro queste schifezze.

Il calcio mi ha aiutato ed insegnato a vivere attraverso il rispetto, la condivisione l’aiuto del prossimo. La mia scuola di vita è stato il pallone.

Da che famiglia provieni?

Sono cresciuto con mamma casalinga e papà impiegato, insieme a due fratelli.

Le mie giornate giovanili le ho passate quasi totalmente a giocare al calcio.

Fino alle 19 ero tutti i giorni all’oratorio e correvo dietro il pallone, fino a che non arrivava mia mamma arrabbiata e mi portava a casa.

Io devo tutto all’oratorio. La mia crescita è stata lì dentro senza cellulari..altri tempi.

L’unica ansia era trovare qualcuno che avesse portato il pallone e che mi scegliesse per giocare nel momento in cui si componevano le squadre.

Come sei arrivato al calcio professionistico?

Un giorno andai con degli amici a fare un provino in una società che si chiamava Sanyo.

Iniziai a giocare in quella società, poi mi notò un osservatore dell’Internazionale ed approdai per cinque anni nella società meneghina.

Il dopo calciatore è spesso un trauma per molti ex giocatori?

Ho allenato ed ampliato le mie conoscenze vedendo il calcio da un’altra ottica.

Mi è servito per essere maggiormente completo nella professione, ma non solo.

Per capire meglio alcune dinamiche aiuta avere fatto esperienze in tutti i ruoli.

Hai anche fatto altro…

Ho sentito forte in me la necessità di fare qualcosa per il mio quartiere.

Ho iniziato a dare supporto al mio vecchio oratorio, il GMG ,con quello che sapevo fare meglio:insegnare calcio.

Ho organizzato eventi per tutti, Ho aumentato la partecipazione soprattutto per chi aveva meno possibilità.

Per tenere lontano dalla malavita i giovani mi son anche dedicato a fare anche l ‘arbitro..

La sera,un paio, d’ ore a settimana,  visto che quello  è il momento della giornata nel quale chi è più in difficoltà rischia di finire nel burrone.

 

Organizzi anche eventi.

Grazie alle tante conoscenze maturate nel mondo del calcio e non solo, organizzo feste nell’oratorio molto partecipate.

Per esempio mi fa molto piacere che, ogni mio compleanno, l’ oratorio organizzi una festa invitando tanti ex giocatori di Inter e Milan.

La gente del quartiere partecipa ed è felice di passare una giornata con questi campioni.

Facciamo anche una partita in modo di raccogliere qualche soldo per la beneficenza.

Diversi amici ex giocatori sono sensibili a queste occasioni.

Ai ragazzi che alleno racconto sempre che persone come Muraro ,Ferri ,Canuti, Morello, Maldini, Pasinato ,Marini, Bergomi,Occhipinti, con alcuni dei quali ho anche giocato, sono stati prima grandi uomini nella vita poi campioni nello sport.

Negli oratori, in piazza fino ad un po’ di tempo fa si cresceva giocando a calcio e senza pagare …

Questa roba del pagare le scuole calcio è assurda, non si può sentire..

Crea disparità ed ,è assurdo che per giocare i bambini debbano pagare.

Una cosa è un’offerta, un’altra la retta.

Il calcio deve essere per tutti.

Non si devono creare disparità fin  da bambini ,che poi man mano che crescono, sarà sempre più difficile che questo non accada.

Hai anche imbastito gratuitamente un servizio rivolto ai i bambini del tuo quartiere?

Anni fa  ho  avviato,  una sera alla settimana, gratuitamente uno spazio rivolto a tutti i bambini del mio quartiere senza alcuna distinzione. E’ stato un successo..

Tutti i bambini potevano giocare e a correre dietro un pallone.

Questa è l’ essenza del calcio per me.

Il calcio tiene lontano dalla malavita ancora oggi e tantissime famiglie della zona riconoscano il mio impegno.

Il calcio è gioia e felicità.

E’ il bambino che tutti abbiamo dentro e che riaffiora ogni volta che vediamo un pallone.

Nessuno può decidere se un bambino può giocare ed un altro no.

Quale giocatore sotto questo aspetto è stato più importante?

Senza dubbio Diego Armando Maradona.

A parte il lato tecnico, lui è stato il più grande di tutti perché  ha donato a noi spettatori spensieratezza ,gioia.

Diego rendeva tutto facile. E’ stato di un’umanità incredibile e ha soddisfatto il nostro bambino interiore.

Ti racconto un aneddoto: partita Livorno-Napoli, in Coppa Italia a Livorno.

Diego voleva scaldarsi e chiamò Carmando, il suo massaggiatore storico per chiedergli una palla da tennis.

Diego si mise a palleggiare per venti minuti con la palla da tennis. Ad un certo punto fu circondato dai giocatori del Livorno che ammirati non si scaldavano più per non perdersi quello spettacolo unico.

Il presidente del Brera Alessandro Aleotti ti ha scelto per questa esperienza asiatica. Cosa ti ha spinto ad accettare la proposta?

Innanzi tutto Il presidente.

Conosco da tempo Aleotti e penso di poter dire che il calcio nostrano ad alti vertici avrebbe tanto bisogno di persone come lui..

Sono persone sempre attente al sociale ed in supporto a chi ha più bisogno.

Io avevo già collaborato in altri precedenti progetti sportivi con Aleotti: dalla Berretti del Brescia del 2013, alla panchina del Birzebbuga in Serie B, a Malta nel 2014, fino ad allenare il Brera per tre anni vincendo il campionato nel 2015.

Non sono solo progetti sportivi quelli del presidente ma qualcosa più a largo spettro in supporto a realtà sconosciute e disagiate.

Rispecchia totalmente il mio modo di pensare il calcio e la vita in generale.

Un allenatore pienamente in sintonia con lo spirito e le iniziative del Brera Calcio?

Un progetto Brera che si sta orientando verso una proiezione internazionale.

Il club partecipa nei campionati di massima serie in paesi  come  il Mozambico , Macedonia del Nord ed ora la Mongolia.

Ho anche  svolto l’attività di selezionatore della Romani People Football Team, rappresentativa di giocatori di etnia rom e sinti, in preparazione ai Campionati Mondiali della CONIFA  (Confederazione delle associazioni calcistiche indipendenti) che si sono svolti  nel 2016 in Abcasia,nel  Caucaso meridionale, iniziative purtroppo poco pubblicizzate ma molto importanti per il loro risvolto umano.

 

 

 

Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

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