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Gianfranco Bedin: ” Luisito Suarez era autorevolezza ed intelligenza anche fuori dal campo.Trasmetteva serenità ed era un gran cuoco”

Gianfranco Bedin nato a San Donà di Piave il 24 Luglio 1945 è stato il mediano della grande Inter targata Angelo Moratti.

Il numero quattro nerazzurro era un giocatore fondamentale per quella squadra.

Era il centrocampista che portava il pallone all’architetto Luisito Suarez.

I due hanno giocato insieme nell’Internazionale dal 1964 al 1970.

Il veneziano era un centrocampista moderno ed “il mago” Helenio Herrera l’aveva scelto per sostituire Carlo Tagnin.

Ciao Gianfranco quali erano i tuoi compiti tattici nell’ Inter di Angelo Moratti?

Principalmente dovevo portare la palla ai due giocatori che giocavano davanti a me che erano Luisito Suarez e Mario Corso.

La palla, passata a loro, tornava meglio di prima.

Suarez e Corso erano due fenomeni.

Ho avuto la fortuna di giocarci insieme.

Correvi tantissimo ma in quella compagine nerazzurra non eri l’unico, vero?

Si , per esempio Luisito correva quanto o più di me.

Si è detto poco ma in quell’ Inter c’erano campioni come Suarez e Picchi che avevano la dote di correre e correre bene.

Erano fantastici, correvano dove arrivava il pallone, per loro era normale ma vi assicuro non era così.

Il numero dieci spagnolo era incredibile, effettuava lanci di quaranta metri millimetrici sui piedi delle punte.

Non a caso aveva vinto il pallone d’oro nel 1960 con la maglia del Barcellona.

Che rapporto avevi con il fuoriclasse spagnolo appena scomparso?

Un rapporto splendido.

Ci siamo frequentati tantissimo dopo il calcio giocato ed è stato bellissimo.

Luisito era una bella persona, molto dolce e sensibile.

Ho perso un amico vero.

Descrivici l’ uomo Suarez che hai conosciuto ?

Era una persona molto intelligente in campo e nella vita privata.

Con Luis era un piacere confrontarsi ed era un arricchimento ascoltarlo.

Era sempre d’aiuto, anche con visioni diverse, ma sempre costruttive.

Un personaggio carismatico?

Certamente.

Suarez inoltre era molto bravo a sdrammatizzare i momenti di tensione.

Nella vita, non solo in campo, era molto ironico.

Ricordo un’ infinità di battute con i tifosi avversari nei ristoranti.

Luisito stava al gioco con la sua gran classe ed arguzia.

Il Suarez giocatore nello spogliatoio com’era?

Aveva un autorevolezza riconosciuta da tutti.

L’allenatore Helenio Herrera prima delle partite più decisive e tese chiedeva un suo intervento verbale.

Con la sua esperienza trasmetteva serenità al gruppo senza mai aggredire.

 

Un vero capitano, seppur in quell’Inter la fascia fosse sul braccio di Armando Picchi..

Era un Inter con tantissimi campioni.

Luis era indispensabile nello spogliatoio e nel rettangolo di gioco.

La fascia da capitano era sul braccio del grande campione Armando Picchi ma Luisito non era da meno a livello di leadership.

Son certo che, senza l’arrivo dello spagnolo, quell’Inter non avrebbe vinto tutto quello che ha poi vinto.

Ci racconti un aneddoto sul pallone d’oro spagnolo?

In una semifinale di Coppa Italia contro la Roma la partita si decise ai calci di rigore.

A quei tempi si tiravano cinque rigori ma potevano tirarli tutti lo stesso giocatore.

Il fuoriclasse spagnolo rassicurò tutti con la sua solita calma e ci disse :” state tranquilli ragazzi ci penso io”.

Tirò lui cinque rigori spiazzando sempre il portiere e noi passammo il turno.

Un fenomeno.

Il numero dieci spagnolo aveva passioni extra calcistiche ?

Si, la cucina.

Era un bravo cuoco, gli piaceva cucinare e mangiare pesce spagnolo.

A Milano c’era un mercato del pesce molto fornito che lui frequentava assiduamente.

In generale lo spagnolo era una persona molto conviviale.

A tavola un buon piatto, un bicchiere di vino, un amico, due risate e la serata con lui era completa.

In campo nelle difficoltà ci si affidava a lui per uscirne, giusto?

Luisito ci guidava senza parlare.

Era fantastico, costruiva e difendeva.

Lo spagnolo eseguiva le due fasi con assoluta disinvoltura.

Ancora oggi sono convinto che la finale persa nel 1967 contro gli scozzesi del Celtic, accadde , per l’ assenza di Suarez e dell’esterno brasiliano Jair Da Costa per infortunio.

Con lo spagnolo in campo avremmo gestito la palla tranquillamente, gli scozzesi non ci avrebbero mai raggiunti sul pari e la Coppa dei Campioni sarebbe stata nostra.

Come dirigente Suarez fu determinante per fare arrivare un certo Ronaldo all’ Inter nel 1997?

Certamente il fenomeno Ronaldo arrivava dal Barcellona come lui molti anni prima.

Suarez aveva carta bianca con il presidente Massimo Moratti.

Luis ha sicuramente inciso in consigli e mediazione per portare il campione brasiliano in maglia nerazzurra.

E come allenatore? forse era perfetto per i giovani?

Era molto bravo, iniziò proprio con i giovani al Genoa nel 1973.

In seguito con i giovani della nazionale spagnola under 21 vinse l’ europeo di categoria.

Con i più grandi è stato un po’ sfortunato.

Arrivò ad allenare anche l’ Inter la prima volta nella stagione 1974/1975.

Quello era un momento di difficoltà della squadra nerazzurra.

Le cose non andarono per il meglio ma non per sue responsabilità.

In quell’anno anche tu cambiasti maglia? 

Si fu un periodo strano, di cambiamento.

Alcune cose non mi piacevano e chiesi al presidente Ivanhoe Fraizzoli di lasciare l’ Inter.

Ricordo sempre che il presidente mi disse che m’avrebbe lasciato andare ovunque ma mai alla Juve o al Milan.

 

 

 

 

 

 

 

 

Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

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