“Il crimine del secolo” (Ed. Fandango)
“La realtà a volte supera l’immaginazione”, ma se un fatto pare incredibile non si può automaticamente concludere che non sia avvenuto: ci vuole pazienza, per venirne a capo”. A quarant’anni
da quel 13 maggio 1981 che segnò una svolta nello scontro tra Est e Ovest, innescando una serie di ricatti e regolamenti di conti in uno scenario che vedeva al centro il Vaticano e che turba tuttora le coscienze, il libro-verità del giornalista-scrittore Fabrizio Peronaci svela tutti i retroscena dell’attentato a Giovanni Paolo II e della scia di crimini ad esso collegati. Una ricostruzione con documenti ecclesiastici inediti e nuove quattro testimonianze che potrebbero dare nuove risposte sul caso Emanuela Orlandi.
di Moreno D’Angelo
Chi armò la mano di Ali Agca il lupo grigio che attentò a Papa Wojtyla il 13 maggio 1981, anniversario dell’apparizione di Fatima? Inchieste e indagini non hanno ancora trovato un colpevole tra evidenti blocchi e depistaggi.
A quarant’anni da quegli spari in Piazza San Pietro che sconvolsero un mondo in piena guerra fredda, è uscito, ed ha immediatamente scalato le classifiche delle vendite, il libro – verità “Il crimine del secolo” (Ed. Fandango) del giornalista-scrittore del Fabrizio Peronaci.
Un lavoro che ripercorre in modo scorrevole, approfondito, documentato e avvincente dettagli e retroscena, anche inediti, di quell’intrigo internazionale, con nuove inquietanti ipotesi che riguardano anche quella scia di crimini su giovani vittime innocenti, tra le quali Emanuela Orlandi. Sparizioni e omicidi definiti dall’autore, con amara ironia, “effetti collaterali”.
Fondamento del libro di Peronaci documenti ecclesiastici inediti e quattro nuove testimonianze, raccolte dal giornalista investigativo, di uomini di Chiesa e dei servizi che hanno finora taciuto e che potrebbero aprire uno squarcio di verità.
Tra motorini Ciao e Boxer, tasche piene di gettoni telefonici, “Il tempo delle mele” come film di culto e i 45 giri dei Duran Duran, le drammatiche vicende narrate nel volume ci riportano nel clima di quei terribili e svagati anni Ottanta. Un clima disincantato, votato al disimpegno, che dovette però fare i conti con uno dei periodi più torbidi a livello internazionale, mentre in Italia dominava la P2 tra bombe, scandali e depistaggi (Ustica).
Peronaci ci conduce nel tourbillon legato a quell’atto di terrorismo internazionale nel quale, a vario titolo, risultarono coinvolti: I Bulgari, il Kgb, la Stasi di Markus Wolf, la Cia, i lupi grigi e i faccendieri turchi, i servizi deviati, lo Ior di Marcinkus, il crack del Banco Ambrosiano e lo strano suicidio di Roberto Calvi, la massoneria dentro la Chiesa. Tutto questo mentre era in corso un silenzioso ma feroce scontro tra chi appoggiava e chi intendeva contrastare la politica anticomunista di Papa Wojtyla, mentre il sindacato polacco Solidarnosc apriva le prime profonde crepe nel blocco sovietico.
Un quadro che potrebbe sembrare surreale e che invece ha dietro i drammi e le lacrime dei familiari di quelle giovani vite innocenti, oggetto di quello che i carnefici definiscono cinicamente “effetti collaterali”. E’ in questo contesto che si muovono i protagonisti de “Il crimine del secolo”: giovani vittime e carnefici, spioni e cardinali, faccendieri e spavaldi malavitosi.
Le tragedie di Mirella Gregori e Emanuela Orlandi, sparite a 15 anni, Katy Skerl, strangolata a 17, Paola Diener, morta fulminata sotto la doccia a 33, Jose’ Garramon, investito a 11 anni in pineta e (in una fase successiva) Alessia Rosati, 21 anni, mai più tornata a casa, secondo la circostanziata ricostruzione dell’autore furono tutte tragiche conseguenze (più o meno dirette) dell’evento primario, l’attentato (rimasto senza mandante) compiuto dal turco Ali Agca quel 13 maggio di 40 anni fa.
Una scia di sangue e di interrogativi che attende risposte.
Risposte che l’approccio indomito, determinato, aperto e pragmatico di giornalismo investigativo, portato avanti da Fabrizio Peronaci (con l’appoggio del suo gruppo Fb, fonte di confronto ma soprattutto di preziose testimonianze e indiscrezioni), sembra poter condurre a qualcosa di concreto in nome di quella giustizia e verità che non può ridursi a un cold case buono solo per l’audience di un format televisivo.
Il crimine del secolo è un’ottima e agevole lettura sia per chi ha vissuto quegli anni sia per chi all’epoca non era ancora nato ma vuole documentarsi su quei momenti rimasti punti chiave della storia dell’occidente e della nostra memoria storica