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Ricordi

Leonardo Occhipinti: Ho tatuata l’emozione dell’esordio nella mia Inter. Il ricordo di Vinicio e Diego: un fenomeno che non cadeva mai..

Libero e centrocampista sono stati i ruoli da calciatore di Leonardo Occhipinti, nato l’undici agosto del 1960 a Milano.

Talento , duttilità ed affidabilità sono state le sue doti migliori del suo percorso professionale. Ha esordito in serie A con la maglia dell’Inter nel 1979 ed ha terminato la carriera professionistica con la maglia della Solbiatese nel 1994.

Dopo l ‘Inter ha giocato in diverse formazioni: Pisa, Como,  Fiorentina, Cagliari, Brescia,Piacenza e Solbiatese.

Leo , soprannominato Peo , ha totalizzato 110 presenze in serie A, 142 in serie B e 109 in serie C

Partiamo da Peo bambino. Come sei arrivato all’Inter?

Pensa che avrei dovuto giocare nel Milan..  A dieci anni giocavo all’oratorio nella H.H Triestina, squadra chiamata così perché il campo era gestito da un tifosissimo dell’Inter e H.H. stava per Helenio Herrera che è stato l’allenatore della grande Inter. Dopo qualche mese a Milano la federazione organizzo’ dei giochi per le squadre dei bambini degli oratori. Erano giochi individuali ed io li vinsi.  Il Milan, che collaborava con la Triestina, decise di prendermi.

I miei genitori da sempre interisti da generazioni, abbonati a San Siro, appena saputo della cosa decisero prima di parlarne con mio zio che era il braccio destro di Angelo Moratti, membro del consiglio dell’Inter. Mio zio richiamò mio padre dicendogli che sarei dovuto  andare a fare un provino con l’Inter dove mi aspettava un certo Italo Galbiati. Italo, un allenatore dei giovani già famoso all’epoca, arrivava dal Milan dove poi tra l ‘altro tornò. A quel provino c’erano tanti altri bambini ma alla fine ne scelsero solo tre che erano Walter Zenga, Roberto Bergamaschi e me.

Occorreva informare  la Triestina e non fu facile perché aveva un accordo col Milan per il mio trasferimento. Papà andò a parlare alla Triestina e gli disse che loro volevano che io studiassi e non perdessi tempo in altre cose, inoltre, per compensare il mancato trasferimento al Milan, mio papa’ compro’ alla Triestina tre tute da gioco. Ricordo sempre che per due anni ci aggiudicammo a Torino il torneo giovanile Barcanova. Vincemmo la finale contro la Juve ma, quando giocammo la semifinale, poi vinta contro il Milan, mi si avvicinò uno dello suo staff  e mi disse::”ma tu non eri quello che doveva studiare e non perdere tempo col calcio?”, sorridemmo insieme. ..

 Quali i momenti più emozionanti nel tuo percorso nel settore giovanile nerazzurro?

Sono due. Il primo, a dodici anni, quando ricevetti la lettera di convocazione dall’Internazionale,

Ricordo che ero al mare e mio padre mi chiamò per dirmi che era arrivata una lettera di convocazione dall’Internazionale. Una gioia immensa anche per i miei genitori da sempre tifosi della squadra nerazzurra.

Il secondo fu la convocazione a 14 anni nella selezione nazionale italiana.

In quel periodo mi allenavo a Rogoredo e vivevo a San Siro, un giorno il mio allenatore mi disse “Peo devi andare in sede per prendere le credenziali”.

 Non ero mai stato nella sede dell’Inter, sapevo dove fosse ,ma non ci ero mai stato e il solo andarci fu un’emozione.

Arrivato in sede ritirai la lettera di convocazione a Coverciano per la selezione nazionale della mia età.

Un emozione grandissima in casa non ci credevamo.

Ricordo bene che in quella nazionale c’era tutta gente che poi diventò professionista.

Alcuni di essi non provenivano da squadre professionistiche. C’erano personaggi come Sebastiano Nela ma anche come Bruni o Giovannelli che proveniva dal Cecina e che fu in seguito comprato dal Pisa.

 

L’esordio in massima serie che giorno è stato?

Frequentavo il liceo scientifico ma quella settimana non andai a scuola perché fui convocato con la prima squadra allenata da mister Eugenio Bersellini.

C’erano diversi infortunati e nella partitella infrasettimanale il mister mi fece giocare con i titolari.

Subii un intervento duro da un ragazzo degli allievi che mi procurò una distorsione alla caviglia. Fui convocato per la partita contro la Juventus  a San Siro e inizialmente andai in panchina.

Era il 14 aprile 1978. In panchina a quei tempi andavano il secondo portiere e due cambi, il secondo portiere era Renato Cipollini, due panchinari Odoacre Chierico ed io.

Bersellini , fece scaldare Chierico per fare un cambio ma a cinque minuti dalla fine mi disse che sarei entrato.

Ero paralizzato.

Cipollini, con la sua esperienza si rese conto del mio stato , mi tolse la tuta e mi caricò nella giusta maniera.

Io ero in piedi pronto per entrare ma la palla non usciva mai per poter effettuare il cambio.

Voltandomi vidi, dietro la panchina, le teste dei miei compagni di classe tifosi interisti che erano venuti a vedermi.

A due minuti dalla fine la palla uscì ed io entrai al posto di un mostro sacro come Giampiero Marini.

Vincemmo due ad uno contro la Juve. Fu una giornata che mi resta tatuata dentro ovviamente.

Il martedì entrai a scuola e ci fu il momento più dolce per me:

Venivano tutti nella nostra classe per vedere chi fosse il ragazzo che aveva esordito dell’Inter in serie A.

Ricordo sempre con piacere i compagni di classe protettivi con me che gestivano la situazione movimentata ma anche divertente.

 

E l’esordio in Europa?

Ho fatto due presenze con l’Inter a San Sebastian contro il Real Sociedad e contro il Borussia Monchengladbach ma l’esordio in campo lo feci nella stagione 1984 1985 con la Fiorentina.

Non fu un momento cosi’ particolare perche’ ormai giocavo da qualche anno e non paragonabile all’esordio in serie A con la maglia della propria squadra per la quale tifavo da bambino e con la quale avevo fatto tutto il settore giovanile.

Hai giocato contro Maradona.

Maradona era un fenomeno, Un bravissimo ragazzo e un giocatore molto leale.

Diego prendeva tantissime botte anche bruttissime.

In quegli anni non c’erano controlli come il var e i difensori menavano forte, Diego è stato picchiato tanto e mai ho sentito che si fosse arrabbiato.

Era pazzesco, aveva due gambe potentissime, non cadeva mai e se cascava si rialzava subito.

Il paragone con Messi è inutile. Se avesse preso le botte che davano a Diego, con la struttura che ha, avrebbe giocato poco.

Maradona in campo cercava sempre il colloquio. Una volta mi chiamò Peo ,immagino avesse sentito i compagni che mi chiamavano così.

Per me fu una grande emozione che mi risuona sempre ancora oggi.

Diego è stato unico e per me giocarci contro è stato un dono dal cielo.

L’ esperienza di Pisa nella tua carriera è stata fondamentale..

A Pisa mi sono trovato benissimo.  Ancora oggi, quando torno nella città toscana, la nostra squadra del 1982 viene ricordata con tanto affetto.

Eravamo e siamo un gruppo di amici prima che di buoni giocatori, ancora oggi, ci sentiamo con alcuni come Garuti , Sorbi , Berggreen. Eravamo guidati da un allenatore fantastico: Luis Vinicio.

Per me è stato il migliore allenatore che ho avuto in carriera.

Il mister era bravissimo a fare gruppo, aveva un altissimo profilo umano e poi sapeva caricare la squadra come nessuno sapeva fare.

Nei momenti difficili ci portava a mangiare fuori e pagava lui, mentre le nostre compagne restavano con sua moglie.

Sono stato benissimo con lui ma purtroppo, per un dissidio con il presidente Anconetani, se ne andò.

“Non ne poteva più” diceva di alcune scelte societarie.

Eravamo salvi ma subentrò come allenatore Bruno Pace e fu un disastro tant’è che alla fine retrocedemmo.

Con il presidente Anconetani non ho mai avuto problemi,  non posso che parlarne bene però in quella stagione sarebbe bastato tenere mister Vinicio e ci saremmo sicuramente salvati.

 Dopo Pisa ci fu la Fiorentina con altri campionissimi

Alla Fiorentina fu diverso dal Pisa soprattutto a livello di gruppo.

Si andava al campo , in ritiro, poi ognuno aveva la sua vita..

Il gruppo si frequentava poco. C’erano campioni molto importanti come Antognoni, Passarella Pecci, Oriali , Gentile, Galli  e Socrates per citarne alcuni.

Io avevo legato maggiormente con Giovanni Galli e Paolo Monelli ma a Firenze quella stagione del 1984 fu cosi’.

E Socrates?

Si son scritte tante cose su di lui ma  posso solo dire che era una persona eccezionale ed un grandissimo giocatore

Nel rettangolo di gioco a Socrates veniva chiesto di fare delle cose che non erano nelle sue corde come marcare e correre a centrocampo, il brasiliano era il classico giocatore che chiedeva che la palla gli venisse data in una certa maniera che poi risolve lui col suo talento. Era fortissimo solo che non piaceva a diversi personaggi questa sua caratteristica e fu complicato per lui esprimersi per le sue qualità.

Fuori dal campo era sempre allegro, simpatico e pronto a fare  scherzi da perfetto brasiliano.

La stagione 1984/1985 non fu fortunata per la squadra viola.

No, ma penso ci fu un momento decisivo.

L’allenatore Giancarlo “Picchio” De Sisti si ammalo’ e la società decise di aspettarlo.

Per due mesi rimanemmo con Armando Onesti,  il secondo di De Sisti, e le cose non andarono bene, cosi’ la società chiamò Ferruccio Valcareggi ma ormai il danno era fatto e non ci riprendemmo piu’ di tanto.

Il presidente Pontello umanamente aveva deciso di aspettare il recupero di De Sisti ma le cose andarono per le lunghe e alla fine dovette decidere il cambio che, a mio parere, fu tardivo.

A fine stagione il tecnico Valcareggi era contento di me e mi disse che la società aveva pronto un triennale per me, peccato che la stagione seguente la Fiorentina prese come allenatore Aldo Agroppi col quale già a Pisa avevo avuto qualche problema e non rimasi piu’ a Firenze.

 Sei stato anche a Cagliari ..

A Cagliari andai dopo l’esperienza di Firenze.

In Sardegna sono stato bene anche se  ho fatto un solo anno.

In terra sarda mi ha voluto Renzo Ulivieri ma durante la stagione subentrò Gustavo Giagnoni.

Giagnoni è stato un altro grande uomo ed allenatore che ho avuto la fortuna di incontrare.

Un vero signore, ci caricava a dovere, preparava le partite in maniera perfetta ed era  un gran motivatore .

Quella stagione ci salvammo soprattutto grazie a Gustavo Giagnoni.

 

Dopo Cagliari sei passato al Brescia dove c’ era un giovanissimo Branco..

Giocatore pazzesco che era già nel giro della nazionale brasiliana.

Il primo anno ebbe delle difficoltà a Brescia perché lui era un brasiliano anomalo, non stava tanto a scherzare in gruppo e restava molto per conto suo. Non era una testa calda e comunque va detto sempre che era giovanissimo.

Il secondo anno ,come a tanti stranieri accade, fece faville e si vide che razza di giocatore fosse.

Al Genoa pochi anni dopo ha dato il meglio di sè.

Aveva un sinistro al fulmicotone, grande fisicità e visione di gioco.

Qual è stato il tuo compagno di squadra preferito in assoluto?

Carlo Muraro.

Un grande campione e una splendida persona che ancora oggi frequento  con le rispettive famiglie vivendo nella stessa città.

Con Carlo ho giocato insieme all’Inter.

Le nostre carriere poi si sono divise presto, però gli amici, seppur distanti, quando ci devono essere ci sono sempre e con Carlo è stato così.

Peo giocavi spesso nel ruolo di libero, lo stesso che ricopriva Franz Beckenbauer da poco scomparso.

Un mito vero e proprio.

Libero vecchio stampo, testa alta, e piede educato.

E’ stato il prototipo del giocatore elegante, potente ed intelligente.

Ancora oggi quando un difensore difende bene si dice :“sembri Beckenbauer” e quando giocavo ,a volte ,lo dicevano pure a me.


Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

2 Comments

2 Comments

  1. Marco Basoni

    Gennaio 11, 2024 at 6:39 pm

    L’emozione di un grande ricordo da’ una soddisfazione grandissima!!!

    • Flavio Ciasca

      Gennaio 11, 2024 at 6:43 pm

      PEO GRANDE UOMO E GIOCATORE.🙏🖤💙

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