Quando si scriva un articolo per una testata, bisognerebbe mantenere obiettività ed esporre i fatti. Di certo, quando lo faccia per questa, la parte di ricerca, verifica e controllo delle fonti non è mai trascurata o carente, ma altrettanto vero è che la forma non rispetta la stesura classica. Il Genoa è una passione incontrollata che mi porta inevitabilmente a sfociare nel coinvolgimento emotivo. Fortunatamente l’editore comprende questa inevitabile e condivisa “deriva” ed il direttore mi perdona, seppur di altra fede e decisamente più professionale in ogni occasione. Diverso è quando a Radio Skylab mi dedico a trasmissioni informative, come giovedì quando tratteremo di geopolitica, e dove non sia concesso trasporto che comunque non riuscirei a provare ugualmente e controllerei senza difficoltà… Premesso questo vado al tema dell’articolo.
Tempo fa, in uno dei suoi preziosi interventi radiofonici, intervistai Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore ed esperto di finanza calcistica. All’epoca le voci di cessione erano presenti, ma irrealistiche, si scherzava Preziosi dovesse investire nei tagliacode per gestire i tanti interessati al Genoa. Oggi la realtà è diversa, più concreta. Bellinazzo disse che il futuro del calcio passa inevitabilmente per i fondi, famiglie che vogliano ed abbiano interesse a rilevare società non ve ne sono più, salvo eccezioni come Percassi finché avesse avuto – giustamente – il proprio ritorno. Continuava poi ricordando come presidenti che amassero e si dedicassero ad una squadra non fossero che un’utopia in un mondo cambiato inesorabilmente. Sottolineava, infine, che praticamente ovunque in Europa la tendenza è già quella di virare su tali realtà.
Lungi da me contestare tale visione, che peraltro condivido. In parte. Ovvero, condivido dal punto di vista generale, in relazione a quanto accadrà. Ma non posso non avere qualche riserva sull’inesorabile cambiamento. I fondi subentrano per interesse, detto banalmente, per guadagnare. E lo fanno a tempo determinato: pensiamo ad Elliot, che ha dato disponibilità per 4 anni, siamo poco oltre la metà del percorso, per poi rivendere. Investono, certamente, guardano “come va” e poi via, verso altri lidi. Il fatto è, però, che se nel percorso questi notassero perdite o comunque poca convenienza nel perpetuare la propria causa economico/finanziaria, non si farebbero problemi a mollare. E sia nel primo caso – a scadenza definita – che nel secondo – mancato business – non hanno certamente la sensibilità di assicurare il futuro della società. Delicatezza propria dei presidenti, come dimostrato proprio dal nostro Presidente che ha cercato di vendere più volte, stanco e colpito troppo personalmente dallo scontento, senza successo. Penso a Gallazzi, presentatosi con poco più di 6 milioni di euro ed un “troverò il resto”, accolto come salvatore, ma fondamentalmente nell’impossibilità di garantire un futuro al Genoa; alla “cordata” piemontese, praticamente ad accordo chiuso, il giorno della firma dicembrina, rivelatisi millantatori e squattrinati. Certamente, vi anticipo, Preziosi ha pensato anche al proprio portafoglio, ma come pure in altri casi, anche a lasciarci in mani sicure.
Dopo le verifiche di settimana scorsa, che vedevano giovedì 2 presenze inequivocabili in Villa Rostan, la due diligence (che risulterebbe chiusa al 10 agosto) e la conferma di ieri sera di Pinuccio Brenzini, il più appare fatto. A Preziosi il compito di terminare il mercato e la probabile chiusura definitiva tra settembre ed i primi di ottobre. Ai genoani che lo abbiano tanto desiderato, quello di non farsi accecare dalla voglia di cambiamento, senza riflettere su conseguenze e futuro. Sarebbe facile, dopo, dare nuovamente la colpa a chi ci abbia tenuto 16 anni A per un abbandono che non dovesse riflettere le aspettative. Ma altrettanto scorretto, dopo che l’unica cosa che si legge da tempo, troppo, è un secco “vattene” a prescindere da come, senza nemmeno far cenno ad un “vendi”, più consono e di prospettiva, attaccare nuovamente il Presidente quale Malaussène (nuovamente) di turno.
A livello societario si possono fare solo ipotesi. Niente presidente, ci sarebbe/sarà un Amministratore Delegato, che potrebbe – almeno inizialmente- essere lo stesso Zarbano per conoscenza ed abilità di mestiere, affiancato o meno, a tempo determinato o illimitato. La base dovrebbe rimanere, penso in primis ai dipendenti, per gli skills utili soprattutto nel primo periodo in cui prendere in mano le redini con persone non avvezze al settore. Diversa la situazione dei cosiddetti esterni. In un primo tempo, comunque, i cambiamenti sarebbero ben pochi, si pensa, per facilità di gestione ed assestamento. Ma di certo, visto il folto numero di “addetti ai lavori”, qualcuno potrebbe non dormire sonni tranquilli…
Non ci resta che aspettare. Vedremo cosa accadrà, se tutto andrà come molti si augurano e ci sarà l’ultimo passaggio di chiusura.
Chiudo con una specifica, che mi dispiace dover fare perché scontata, ma necessaria visti i molti commenti all’articolo precedente. Personalmente spero vada tutto benissimo. Più che altro spero sia così per molti anni, oserei dire per sempre. Ma un po’ di timore ce l’ho. E devo dire sarò felice, entusiasta, estasiata se il Grifone avrà modo di volare in alto (ribadisco, per tanto tempo, per sempre!) e lo sono pure per Preziosi che potrà ritrovare serenità, venire in Liguria senza scorte, non preoccuparsi per le ripercussioni sulla propria famiglia e godersi la partita. Perché sì, ne sono certa, continuerà a seguirci e tifare per il Genoa, che ha dentro e che, nonostante quanto molti dicano, gli ha conquistato l’anima e, di contro, prosciugato molte energie.
Lettura suggerita: https://forbes.it/2020/06/26/perche-i-fondi-di-investimento-vogliono-investire-nel-calcio-e-nella-serie-a/