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Calciomondo

Lorenzo, il re degli oriundi.

Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 dall’Italia al Sud America ci fu una vera e propria transumanza di persone che andavano a cercar miglior fortuna.

Un’emigrazione che aveva portato la presenza degli italiani ad essere superiore rispetto a quella di tutti gli altri paesi e degli stessi nativi.  Un flusso che fu fortissimo specie tra il porto di Genova a quello di Buenos Aires.

Un processo inverso, ovviamente di proporzioni infinitesimali rispetto a quello originario, si registrò negli anni a seguire dando vita al fenomeno degli oriundi presenti nel campionato italiano di calcio.

Oriundo è  chi, pur essendo nato  e residente in una città o nazione,  discende da genitori o antenati là trasferitesi dal paese d’origine. Un fenomeno per il quale molti giocatori di calcio, di nazionalità straniera ma di origine italiana, potevano far parte anche della nazionale.

In Italia arrivò così  di tutto e di più, bastava si trattasse di oriundi. A volte era sufficiente trovare una vecchia carta (non proprio fonti cosi ufficiali dato i tempi..), che testimoniasse la nascita italiana di un vecchio avo e il gioco poteva essere fatto. Da qui la caccia a trisavoli italiani che alimentò questo fenomeno.

I giocatori arrivati non sempre erano poi di qualità eccelse. Ovvio che essere oriundi non voleva dire automaticamente essere fenomeni balistici. Ma intanto il fascino del nome straniero e del possibile talento rendeva facile una prima collocazione sul mercato. Un fenomeno che ancor oggi in parte continua..

Semmai spesso si trattava quasi sempre di persone scarsamente alfabetizzate, povere,  sballottate da un mondo ad un altro non sempre di loro volontà, alla mercé di operatori senza scrupoli già presenti all’epoca e non solo nel calcio.

Questo non significa che qualche oriundo fenomeno non vi sia stato.

L’elenco dei campioni oriundi italiani e delle loro disavventure è restato leggenda. Da Libonatti a Cesarini, da Orsi a Maschio, da Schiaffino a Sormani, da Pesaola a Sivori.

Tra tanti talenti calcistici trovo che una particolare attenzione meritino gli allenatori sudamericani argentini in particolare emersi da questo filone. Gente davvero originale e anche vincente.

Sarebbe facile parlare di Helenio, Heriberto Herrera e Angelillo. Certo il più estroso fu Juan Carlos Lorenzo detto “El toto” .

Lorenzo sbarcò  in Italia come giocatore dal Boca juniors. Era un buon traquartista ma verrà ricordato molto di più come allenatore, soprattutto per la sua figura istrionica. Un vero personaggio che allenò la Lazio per tre campionati. Fu la persona che scoprì talenti come Pino Wilson e Giorgione Chinaglia  che giocavano in quarta serie nell Internapoli.

Si può tranquillamente affermare che un pezzo dello scudetto vinto da Tommaso Maestrelli nel 1973 74 deve non poco anche a questo oriundo.

Chinaglia stesso, quando diventò presidente della Lazio, ricambiò Lorenzo assumendolo. Ma i tempi erano cambiati, i risultati non furono quelli attesi e quella ennesima sua apparizione sulla panchina della Lazio sfumò nel breve.

In Italia non s’ era mai visto un allenatore come “el toto ” o “er pomata”, così lo chiamavano a Roma per la brillantina che aveva sempre sui capelli.

Era a tutti gli effetti uno show man con una garra pazzesca e una scaramanzia maniacale. Il suo schema partiva da una squadra tutta compatta a difesa della propria porta.

Istruiva le sue squadre al limite del regolamento. In pieno clima sudamericano era un vero e proprio provocatore e la scaramanzia lo portava a gesti incredibili come accendere incensi ovunque o cospargere d’aglio gli spogliatoi per scacciare il malocchio. In questa sua follia era anche ossessionato dal numero otto, tanto anche nell albergo in cui andava i ritiro con la squadra Lorenzo voleva solo stanze contenenti il numero otto altrimenti cambiava  in fretta e furia la struttura.

Tra le sue ossessioni vi era anche quella del vestiario.  Indossava sempre gli stessi vestiti e dulcis in fundo era convinto dalle costante presenza di spie ovunque.

Lorenzo ha sempre affermato pubblicamente : “nel calcio se non si vince è giusto essere cacciati”, va però ricordato che proprio lui fu quello che nella famosa partita a Torino con la Juventus, con il campo ghiacciato dalla neve e con le stufe in campo messe per cercare di giocare la partita, nel lontano gennaio 1985, diede disposizione ai giocatori laziali di tirare il calcio d’angolo a favore senza che nessuno andasse a saltare in area avversaria perché tutti dovevano stare nella propria metà campo lasciando sbigottito lo spogliatoio…

Il laziale danese Michael Laudrup, fantastico giocatore che l’anno dopo andò proprio alla Juventus, batte’ il corner e la Juve riparti’ visto che tutti i giocatori laziali erano rimasti nella loro meta’ campo… non s’era mai era vista e sentita una cosa simile.

Lorenzo nel suo percorso da allenatore, oltre la Lazio, allenò anche la Roma, il River Plate, la nazionale Argentina, il Maiorca. Fu il vero simbolo del mondo degli oriundi.

L’incredibile Lorenzo è mancato nel 2001. E’ stato un vero giramondo, ha allenato molte squadre, l’ ultima fu il suo Boca Juniors, ma verrà ricordato sempre col sorriso sulle labbra non tanto per le sue vittorie quanto per le sue particolarità davvero uniche.

La favola del calcio ha bisogno anche di questo.

Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

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