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Marco Osio. Il sindaco calciatore si confessa. “Zeman e Bersellini i miei maestri, con la carica della new wave”

Torino, Empoli, Parma, Palmeiras, Saronno, Pistoiese, Faenza  sono le tappe della carriera calcistica di Marco Osio.

Nato ad Ancona il 13 gennaio 1966 ha esordito nel Torino, allenato da Eugenio Bersellini, il 19 febbraio del 1984.

Una carriera che ha avuto un seguito come allenatore ad Ancona e Rimini.

Marco è stato soprannominato  “il sindaco” dai tifosi del Parma in un periodo in cui il Tardini, stadio dei ducali , doveva essere ristrutturato ed il Comune non dava certezze per i lavori da effettuarsi.

In curva, i supporter gialloblù, esposero uno striscione con scritto : “Osio sindaco”, delegando Marco come salvatore della patria.

Ancora oggi camminando per le vie di Parma quando le persone incontrano Osio lo salutano e lo riconoscono con grande simpatia come “sindaco”.

Hai avuto allenatori carismatici come  Eugenio Bersellini, Nevio Scala, Zdenek Zeman per citarne qualcuno. Quale ti ha più coinvolto?

Ricordo sicuramente Eugenio Bersellini. E’ stato lui a farmi esordire in serie A da giovanissimo dicendomi “vai entra in campo e fai vedere come si gioca al calcio” non lo dimenticherò mai.

Era un Torino-Avellino ed entrai per sostituire Franco Selvaggi, campione del mondo 1982.Per un ragazzo cresciuto al Filadelfia esordire in serie A con la maglia granata è stato il massimo.

Son sempre stato molto grato ad Eugenio Bersellini. E’ stato fondamentale per la mia crescita umana oltre che calcistica. Per questo ho partecipato con emozione all’ evento di Borgotaro dedicato al mister. Una giornata memorabile.

A quale tecnico t’ispiri maggiormente?

Come allenatore m’ispiro sicuramente a Zdenek Zeman. Un maestro, un insegnante di calcio, un uomo con alte qualità umane che fa giocare bene le sue squadre e divertire il pubblico. Io l’ ho avuto a Parma e ricordo benissimo che quando fu esonerato eravamo tutti in lacrime per quel boemo apparentemente rude invece molto protettivo.

Perché così tanta emozione?

A Parma aveva creato un ambiente ottimo, non faceva metter naso a nessuno dentro le sue cose. Faceva tutto lui in tempi in cui non c’ erano  articolati staff di  preparatori atletici e  match analyst vari. Ricordo che in ritiro ci fece fare in toto 140 km di corsa con tutti test sui mille metri. Io non ce la facevo, ma lui serafico, con sigaretta cronometro e fischietto in bocca mi diceva : “Marco che gruppo sei? guarda che sei in ritardo” ed io ripartivo malgrado le vesciche. avevo anche le caviglie gonfie, ed il mister aggiungeva: “devi correrci sopra per guarire”. Ma lo diceva in una maniera tale che potevi solo volergli bene.

Io e Alessandro Melli eravamo giovani ma avevamo capito che ci voleva il fondo ma anche e soprattutto che bisognava saper giocare. Per questo ci accontentavamo di arrivare anche ultimi nei test ma poi quando c’era il pallone compensavamo ampiamente.

Per Zeman i suoi giocatori erano i più forti in assoluto. Ho visto direttori sportivi proporgli alternative di livello, in sostituzione di quello che aveva in rosa, ma lui ha sempre rifiutato. Zeman è uno che fa fruttare la rosa e arricchisce le società perchè ogni anno fa emergere almeno due tre giocatori.

Cosa ricordi ancora del rapporto con Zeman?

Eravamo in ritiro e ricordo che rientrando da un’ amichevole di notte trovammo l’albergo che ci ospitava era chiuso. Il portiere  si era addormentato.

Eravamo stanchi, era tardissimo e non riuscivamo ad entrare. Ad un certo punto guardammo in alto e si vide il mister che scalava la parete dell’albergo come spider man .

Aveva lasciato la finestra aperta della sua stanza e scalò un muro per entrare dalla finestra per poterci aprire. Ci fu uno scroscio d’applausi da parte della squadra, il mister era veramente un personaggio.

Un altro ricordo  del boemo pensiero?

 Lui considerava che a vincere in Italia son sempre le solite due tre squadre.  Il resto non vince nulla per cui di conseguenza  diventa importante far vedere uno spettacolo dignitoso al pubblico e divertirsi giocando bene a pallone. Una filosofia che mi è sempre piaciuta.

Marco Osio giocatore ha dato sempre la sensazione di cercare la sua autodeterminazione più che il risultato, è un’impressione sbagliata?

Si è così. Tante volte ho pensato che se fossi stato più cattivo, più competitivo forse avrei fatto una quindicina di presenze in nazionale, ma quello non ero io e mi è sempre piaciuto autodeterminarmi.

A giocare a calcio mi son sempre divertito ed ho cercato di far divertire. Ho realizzato quello che volevo fare da bambino, cercando sempre di essere me stesso. Penso d ‘esserci riuscito, di aver fatto divertire il pubblico e sono fiero di questo.

Com’è per un giocatore giocare  in società che vivono momenti davvero difficili come è capitato a te nel Toro con i presidente Goveani e Calleri?

Da giocatore ti toccano queste cose solo se vuoi trovare delle scuse.

Io non ho mai accusato queste cose, quando giochi a calcio pensi solo a giocare e a divertirti, per lo meno, per me era così.

Lo stesso discorso vale per gli allenatori. Quando sento giocatori ed allenatori dire che accusano i problemi del club per me sono solo balle.

Sei stato un giocatore amato più dai compagni di squadra che dai tuoi allenatori, come mai?

Forse non mi e’ mai piaciuto assecondare le scelte di chicchessia ed esser preso in giro.Ho sempre fatto molta fatica a scendere a compromessi e per questo son passato alla luce di molti, peggio di quello che sono in realtà. Ho cercato di dire la mia in maniera costruttiva ma non sempre ho trovato dall’ altra parte lo stesso atteggiamento. Sarebbe stato tutto molto piu’ facile se mi fossi allineato sempre ma questo non ero io.Con i compagni son sempre andato d’accordo perché mi son sempre divertito a giocare a calcio.

Com’è stato il tuo rapporto con il mondo dei procuratori?

Non ho mai avuto bisogno di procuratori. Le squadre me le son sempre cercate e trovate per conto mio. Ho avuto il riferimento di Beppe Bonetto, essendo cresciuto al Toro, dove lui era presente.   Poi le cose non sono andate per il meglio anche perché l’unica volta in cui ho avuto bisogno il mio procuratore non c’è stato. Il mio problema sorse, quando decisi di rescindere da lui:  mi son trovato abbandonato da tutti.

Bonetto in quel periodo, primi anni novanta, era il presidente dei procuratori e questo ha inciso totalmente.

Sei alquanto critico con i procuratori?

Per me il procuratore dovrebbe fare solo l’ interesse del giocatore  e non della società . Per questo ho sempre ammirato Mino Raiola.

Poteva apparire poco simpatico ma lui ha sempre dato l’ impressione di fare gli interessi del suo assistito in maniera totale, cosa che non fanno tutti.

Dopo, e senza procuratore, nel 1995 sei andato in Brasile ?

 Sono stato il primo italiano ad emigrare in quel periodo. il Palmeiras mi cerco’ e d’ accordo con mia moglie siamo volati a San Paolo. Una bella esperienza.

In Brasile era tutto diverso dall’Italia, anche l’erba dei campi di calcio era altissima, al contrario che in Europa, e feci fatica anche in quello.

Con la maglia verde del Palmeiras ho vinto e giocato con mostri sacri quali Rivaldo, Cafu’, Miller per citarne qualcuno e ricordo che segnalai al Parma Cafu’ e Rivaldo. Cafu’ era gia’ pronto mentre Rivaldo andava un po disciplinato. Il fuoriclasse brasiliano ti scartava poi tornava per riscartarti…Per lui con i difensori italiani di quel periodo sarebbe stata dura ma si trattava di un giocatore pazzesco.

 Purtroppo il Parma non mi ascolto’ e prese Amaral e Junior e lascio’ Cafu e Rivaldo a Roma e Barcellona.

Chiudiamo con la musica che è una delle tue passioni.  Gruppo preferito “The Cure”?

Si diciamo che la musica new wave quando giocavo era una delle mie passioni.

Il giorno della finale di Coppa delle Coppe a Wembley contro l’ Anversa non ero per nulla agitato e per passare il tempo, in attesa della partita ,rimasi tutta la mattina nella Tower records.

Il paradiso musicale londinese.

Comprai una marea di cd, introvabili in Italia, ed ascoltai musica da sogno che mi diede la carica per vincere la Coppa.


Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

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