Connect with us

intervista a...

Mimmo Francioso: “Nel Genoa mi sono sentito a casa. Quel gol nel derby del 2001 sotto la Nord”. I ricordi del professor Scoglio.

88 gol e 132 presenze con la maglia del Genoa dal 1998 al 2002. Questi sono i numeri di Cosimo “Mimmo” Francioso. Il classico bomber, forte fisicamente, che “sentiva” la porta in area di rigore. Attualmente l’ex attaccante è vice allenatore della squadra primavera del sempre sorprendente Sassuolo guidato da Emiliano Bigica.

Sono passati molti anni ma resta forte il tuo legame con la tifoseria rossoblù
E’ un legame fortissimo e non penso sia legato solo ai goal. Io nel Genoa mi son sempre sentito come a casa e posso dire che per me è l’ unico posto dove mi sia sentito un giocatore vero e proprio a tutti gli effetti. La maglia del Genoa lascia addosso questa sensazione, non a caso è la società più storica della serie A. Con i rossoblù ho passato quattro anni bellissimi che mi porto dentro, mettendoci sempre la faccia anche nei momenti più bui.

Insomma hai Il Genoa sempre nel cuore?
La piazza mi ha conosciuto per chi sono veramente e per questo ancora oggi mi apprezza. Mi è sempre piaciuto allenarmi, sudare la maglia e godermi la famiglia nel tempo libero e questo i genoani lo sanno bene.

Quel Genoa che hai vissuto era una squadra poco stabile che navigava in serie B?
Quando arrivai nel 1998 c’era Pillon. Quelle furono quattro stagioni particolari, con cambi di presidenti e tecnici, mentre le aspettative su di me erano alte in quanto ero considerato come la ciliegina sulla torta di un mercato buono, ma in realtà eravamo una squadra normale. All’inizio, ammetto, ho fatto una certa fatica per i tanti cambiamenti che caratterizzavano una piazza nuova ed importante. La squadra non ingranava e facevo pochi goal e la tifoseria ha iniziato a prendersela anche con me. Poi col tempo ci siamo conosciuti meglio ed è sbocciato quell’ amore che ancora oggi persiste.

Quando si è consolidato questo legame con il tifo rossoblù?
La prima stagione a Genova c’ era maretta e l’allenatore ci disse che la tifoseria voleva parlarci. Era stato esonerato mister Delio Rossi e giravano voci strane sullo spogliatoio e sul comportamento di noi giocatori. Io, siccome ho sempre messo la faccia, dissi: “nessun problema vado io a parlare coi tifosi”
I rappresentanti della tifoseria mi dissero cosa secondo loro non andava, ma parlavano sempre in generale.. Fino a che io dissi “ma con chi ce l ‘avete in particolare?”
Loro risposero che ce l ‘avevano anche con me. A quel punto spiegai che non mi conoscevano, che dovevano conoscermi prima di asserire tutta una serie di cose non vere.
Gli dissi che io mi allenavo bene, facevo poche chiacchiere e remavo dalla parte del Genoa, sudando la maglia e che nel tempo libero ero a casa con la famiglia.
Da quel giorno le cose cambiarono e la tifoseria apprezzò forse cosa gli avevo detto. Per fortuna iniziai anche a segnare di più.
Il vero problema in quella stagione era che eravamo una squadra normale e ci avevano fatto passare per una squadra forte.

Tra l’altro eri il capitano di quel Genoa?
Si, ma solo negli ultimi due anni.

Ancora oggi il tuo nome è legato al goal nel derby del 2001 con quella magica punizione che tirasti all’incrocio?
Si, feci un bel goal. Io non tiravo in genere le punizioni ma, se sentivo che “la zolla” era quella buona ci provavo e spesso andavo anche a bersaglio.
Quel derby ricordo non eravamo favoriti, la partita era equilibrata. Nel secondo tempo mi guadagnai la punizione dal limite. Ricordo che sul pallone c ‘era Stroppa che, in genere, tirava le punizioni dal limite. Invece la volli tirare io e la misi all’incrocio. La cosa che mi piacque di più fu che la squadra accettò che io tirassi la punizione. Fu un’ ammissione di autorevolezza molto importante, molto più del goal stesso.

I derby a Genova son molto sentiti…
Fu il mio primo goal in un derby e sotto la gradinata Nord. Un’estasi per chi gioca nel Genoa. Posso dire di averne vinti quattro, pareggiati due e persi uno.

Era il Genoa del professor Franco Scoglio?
Il professore era un personaggio. Io dico sempre che lo amavi follemente solo se eri tra i titolari altrimenti la faccenda diventava più complessa.
Scoglio ha sempre considerato i titolari in una maniera e le riserve in un’altra. Questa modalità gestionale del gruppo con lui ha sempre funzionato.
Il professore in quella stagione, prima dei derby, ci portava in ritiro lontani da Genova. Il primo derby ci portò a Bellinzona in Svizzera.
Il secondo ci portò in Francia. Ci fu un amichevole contro il Montpellier a Marsiglia. Per tornare a Genova si prese un aereo piccolo da Tolosa.
Eravamo lontanissimi da Genova e la cosa strana fu che da Tolosa, per disposizioni del mister, partirono solo i titolari, mentre il resto del gruppo tornò in pullman con un viaggio lunghissimo. Anche il viaggio in aereo fu terribile: “C’ era mal tempo, l’aereo era piccolissimo e ci furono scene di panico. C’era gente che piangeva perché l’ aereo stava per precipitare. Ma tutto si risolse. Dopo questo incubo chiesi un colloquio a Scoglio. Dissi al mister che non andava bene che i titolari viaggiassero in aereo e gli altri in pullman. Lui mi stronco’ e mi disse che lui era l’ allenatore e si sarebbe fatto come diceva lui. I fatti gli diedero ragion, a me non piacque sta scelta, ma lui era fatto così, c’era poco da fare.
Scoglio non viaggiava e non mangiava mai con la squadra. Una volta gli chiesi: “perché mister non sta con noi?” lui mi rispose che la squadra era giusto parlasse male del suo allenatore e i giocatori dovevano sfogarsi tra di loro, indi per cui la sua presenza non era utile. Va detto che quando stava con noi invece era simpatico.
Scoglio raccontava benissimo le barzellette e quando voleva era un uomo divertente. Io personalmente ho avuto un rapporto solare.

Scoglio era un personaggio fuori dai canoni e autorevole.
Il professore era amatissimo, dava tutto se stesso ed aveva un autorevolezza unica. Ti racconto un aneddoto: Il prof era appena arrivato al Genoa e c era subbuglio nella tifoseria. I tifosi ci aspettavano infuriati al campo. Per andare ad allenarsi al campetto bisognava passare in mezzo ai tifosi che ci aspettavano inferociti. Io parlai con il mister e gli dissi: “guarda che ci ammazzano..” Lui mi rispose candidamente : “macchè tranquillo non succede nulla”. A quel punto siamo passati in mezzo alla gente e loro iniziarono a darci pacche sulle spalle ed a incitarci !!ci sostenevano e ci dicevano” forza ragazzi bisogna ripartire, forza”. Io ero basito, erano passati dall’essere infuriati al darci morale per ripartire. In realtà il professore aveva un’autorevolezza pazzesca. Aveva parlato coi tifosi inferociti e gli aveva detto di aiutarci. Era il modo migliore per il bene del Genoa e loro lo seguirono. Era davvero un personaggio speciale, con lui stavi bene e ripeto, soprattutto se eri tra i titolari.

Diversi genoani son diventati tifosi del grifone grazie al tandem Francioso-Carparelli?
Siamo stati una bella coppia e ci compensavamo bene. Marco Carparelli era rapido, forte e tecnico con palla a terra mentre io in area ero a mio agio. E poi entrambi abbiamo sangue pugliese. Il papà di Carparelli e’ di un paese vicino a Brindisi che è la mia città. Anche fuori dal campo Carparelli è un caro amico e mi fa piacere sapere che ci siano tifosi genoani grazie alle nostre prestazioni. Per quella maglia entrambi abbiamo dato tutto noi stessi.

Arrivasti in maglia rossoblù nel 1998 all’ultimo giorno di mercato. Vuoi raccontarci come andò?
“Io ero al Ravenna e il presidente voleva vendere i giocatori con gli stipendi piu’ alti, tra i quali c’ero io” Mi volevano il Milan il Chievo ed il Genoa. Mi prese il Milan che mi prestò al Monza dove feci 18 partite e 14 goal. L’anno seguente Galliani mi chiamò e mi disse che voleva che rimanessi a fare la quarta punta in maglia rossonera con Zaccheroni allenatore. Alla fine però il Milan decise di puntare sull’olandese Kluivert e, malgrado Galliani volesse tenermi, io finii al Genoa dove presidente era Massimo Mauro che insistette per portarmi nel Grifone. Mauro aveva ottimi rapporti con Berlusconi.

Con dispiacere sei andato via dal Genoa nel 2002. In seguito però ci fu la possibilità di tornare con il presidente Preziosi?
Nel 2002 non volevo assolutamente andare via da Genova ma mi dissero che il presidente vendeva la società e non era possibile. Avevo un’offerta dal Brindisi, la squadra della mia città, e mi accordai con la società pugliese. Ricordo che, a fine agosto, mi chiamò il dirigente Gianni Blondet per dirmi che il presidente Preziosi mi voleva assolutamente al Genoa. Preziosi aveva preso da poco la carica di nuovo presidente ma io avevo dato la parola al Brindisi. In più tornavo a casa ma non me la son sentita di non mantenere la parola col Brindisi. Ho ringraziato Blondet , Preziosi e non sono tornato al Genoa.

Di Serie A non ne hai fatta tanta nonostante le tue qualità? Ho fatto scelte diverse. La massima serie l ho fatta ad Avellino e poi avrei potuto farla al Milan, come ho raccontato prima. Ad Avellino arrivai da Sassuolo dove oggi lavoro. Nel 1987 ero in C2 coi neroverdi emiliani ed a ottobre mi comprò l’ Avellino in serie A. Le punte titolari erano l ‘austriaco Walter Schachner ed il greco Nikolaos Anastopoulos. il mister era Eugenio Bersellini, subentrato da poco, che mi vedeva bene. Avevo 20 anni e mi aiutò tanto con i suoi insegnamenti, non solo in campo. Lo ricordo sempre con tanto affetto. Dopo una partita, dove sfiorai il gol due volte e, si fece uno ad uno a Pescara, la società del presidente Graziano decise di fare giocare i due acquisti più esperti e per me fu panchina.

Hai avuto diversi allenatori nel tuo percorso rossoblù. Chi ti piace ricordare oltre a Scoglio?
Sono stati diversi. Ognuno mi ha aiutato, ma se devo dirne uno ricordo Bruno Bolchi. Un vero signore. L’ avevo già avuto a Monza e lo ritrovai a Genova. In quella stagione vinsi la classifica capocannonieri. Bolchi giocava vecchia maniera, ma era un uomo tutto d’un pezzo, un gran brava persona.

Ti abbiamo anche visto con un altro bomber del Genoa Tomas Skuravy sotto la Nord non molto tempo fa con la tifoseria in estasi.
E’ stata una giornata indescrivibile. Entrare in quel campo ed andare sotto la gradinata nord, ritrovarsi con il tuo pubblico insieme ad un grande bomber come Skhuravy è stato molto emozionante.


Si ringrazia la societa’ Unione Sportiva Sassuolo calcio per averci concesso l’intervista.

Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *