Connect with us

intervista a...

Pasinato: dall’Olimpia Cittadella all’Inter. La stima per Boskov e Bersellini senza dimenticare le proprie origini.

@ravezzaniphoto

Giancarlo Pasinato, nato a Cittadella il 20 Settembre 1956, è stato un esterno destro molto forte.

Un’ala che ha spesso giocato col numero quattro.

Per le sue caratteristiche fisiche atletiche era soprannominato “il tir” .

Lo scrittore Gianni Brera lo soprannominò ” Gondrand” prendendo spunto dalla catena di tir più famosa del periodo in cui Giancarlo giocava.

@ravezzaniphoto

@ravezzaniphoto

Pasinato ha militato nel Cittadella, nel Treviso, nell’Ascoli, nell’Internazionale e nel Milan.

Ha vinto uno scudetto con l’Inter nell’anno 1979/1980 ed una Coppa Italia nella stagione 1981-1982.

Il centrocampista ha anche vinto tre campionati di serie B: due con l’Ascoli ed uno col Milan.

Infine un campionato di serie D col Treviso ed un campionato interregionale col Cittadella.

In carriera ha totalizzato 141 presenze e 8 reti in massima serie, 97 presenze e 15 reti nella serie cadetta.

Come è stata la tua infanzia a Cittadella?

Vengo da una famiglia umile che non ci ha fatto mancare nulla a me ed ai miei due fratelli.

Papà lavorava duramente sui carri dei treni e mamma era casalinga.

Per integrare mamma andava anche a stirare presso altre famiglie.

Dove abitavamo c’era  terra da coltivare e facevamo tutti un po’ i contadini.

Avevamo le galline, i conigli un asino, i maiali e bisognava raccogliere il granturco. La terra è dura e faticosa ma insegna tanto nella vita.

Dove hai iniziato a giocare a calcio?

Innanzitutto per strada, poi mio cugino mi portò a giocare nell’Olimpia Cittadella.

Mi dissero che ero bravo e crebbi in questa società.

Ero tutto preso dal calcio. Era la mia passione sfrenata.

Ricordo che l’anno in cui ero con  gli allievi nazionali a Cittadella giocavo anche negli juniores e facevo il raccattapalle nella squadra dei grandi impegnata nel  campionato di promozione.

Andavo ad allenarmi in bici la sera, con il freddo era dura, ma la voglia di giocare passava davanti a tutto.

Questo fino al 1972 anno nel quale iniziai a lavorare come operaio nelle “acciaierie”a Cittadella.

Quando iniziasti a capire che il calcio sarebbe diventato la tua professione?

Nel 1974 mi volle il Treviso in serie D.

Mio padre e mia madre mi diedero la possibilità di scegliere se continuare nelle “acciaierie” oppure giocare a calcio.

Mi lasciarono scegliere e mi dissero di seguire la passione preferita che poi loro avrebbero accettato la mia decisione.

Non ebbi dubbi. Scelsi il pallone e lasciai l’ acciaieria.  Di questo e di tante altre cose sarò sempre grato alla mia famiglia per l’insegnamento trasmessomi.

Feci tre anni al Treviso con tre allenatori diversi.

Il primo anno con Massimo Giacomini  il secondo con Mialich ed il terzo con Fornasaro.

Il primo anno vincemmo la serie D, poi feci due anni di serie C ed il calcio diventò totalmente la mia professione.

Dove nacque quel soprannome?

Gianni Brera mi diede il soprannome  “Gondrand” ma già prima mi chiamavano  “il Tir”.

Il nome Tir me lo diede l’attrice Laura Antonelli.

Antonelli era un’attrice in auge negli anni in cui giocavo

Era stata a vedere una partita allo stadio in cui avevo giocato bene.

A fine partita , alla stampa ,aveva rilasciato questo soprannome sulla mia persona colpita dalle mie cavalcate sulla fascia destra del campo.

Quel nome mi rimase attaccato fino a che, quando giocavo nell’Inter, la penna di Gianni Brera mi soprannominò Gondrand.

L’allenatore con il quale ti sei trovato meglio?

Mi sono trovato bene con tutti i tecnici che ho avuto.

Se però devo indicare due nomi sono quelli  di Vujadin Boskov ad Ascoli e Paolo Botacin a Cittadella a fine carriera.

Con entrambi ho trovato un feeling particolare. Un’unione totale di intenti e di visione calcistica ed umana.

La parte migliore di carriera è stata con l’Inter di Eugenio Bersellini vincendo  uno scudetto ed una Coppa Italia

Un gruppo di campioni ma soprattutto di amici veri .

Ancora  oggi ci ritroviamo quando è possibile.

Ricordo che, dopo cena, tutte le sere ci ritrovavamo sempre nella stanza dove dormivo con  Giampiero Marini.

Eravamo un gruppo coeso, si stava insieme e ci si voleva bene .

Mister Bersellini, sapeva bene cosa facessimo ma sapeva anche che eravamo professionisti seri, bravi ragazzi e ci lasciava stare.

Un team di lavoro gestito bene, allenato bene ma soprattutto umanamente di livello molto alto.

Dell’Inter però mi piace evidenziare che  mi diedero la possibilità di recuperare da un incidente automobilistico mentre giocavo ad Ascoli.

Ebbi un brutto incidente e rimasi fermo per molto tempo. Ricordo che era il 1987 e Trapattoni, a quel tempo era allenatore della squadra nerazzurra, mi diede la possibilità di allenarmi per recuperare fisicamente.

Ero seguito  da uno staff diretto dal dottor Pasquale Bergamo e dal preparatore atletico Zat e se sono tornato a giocare ad un buon livello è stato grazie alla società e grazie a queste persone.

Nel 1982/1983 Pasinato passa in prestito al Milan dove vincete il campionato di serie B?

Quella stagione dall’Inter andammo in prestito al Milan in tre: Nazzareno Canuti,  Aldo Serena ed io.

L’inter prese, in cambio dai rossoneri, lo stopper Fulvio Collovati

Fu una stagione notevole. Avevamo uno squadrone e, a parte la partita famosa persa in casa contro la Cavese, fu una cavalcata dove feci un ottima stagione.

Per fortuna, tra l’altro , contro la Cavese a San siro non giocai perché ero infortunato.

Dei tanti campioni con cui hai giocato chi ti ha impressionato?

Potrei dire Platini, Cabrini, Nela ma anche gente come Muraro e Marini,  per me sono stati giocatori molto forti.

Carlo Muraro e Gianpiero Marini sono stati per me dei punti di riferimento, degli esempi da seguire.

Vorrei però citare su tutti Ludo Coeck. Era arrivato all’Inter nella stagione 1983/1984 .

Il belga era un campione vero e rimane un rimpianto non aver visto le sue capacità balistiche.

Ludo era umanamente una persona squisita e calcisticamente un mix tra Tardelli, Marini e Platini.

Purtroppo lo perseguitava un infortunio alla caviglia e non riuscì mai a dimostrare il suo immenso valore.

Lo ricordo sempre con affetto.

La gioia più grande calcisticamente parlando?

Era il 1978, avevo vinto il campionato con l’Ascoli.

Mi ero appena sposato. Ero in viaggio di nozze in Canada e ricevetti la telefonata di Sandro Mazzola, al tempo dirigente dell’Inter, che mi comunicava il passaggio dall’Ascoli all Inter.

 Ero appena arrivato all’estero ma presi un aereo e tornai subito in Italia a firmare.

In che ruolo in che schema giocherebbe Pasinato oggi?

Sarei un quinto a destra in un tre cinque due sicuramente.

Per capirsi, rimanendo sull’Inter, oggi potrei essere sia un Dumfries, ma con più qualità negli assist, che un Javier Zanetti .

Il campione argentino forse è quello che mi accomuna maggiormente con le debite proporzioni.

Ha sempre giocato con il numero quattro come me ma poi, come caratteristica principale, aveva le cavalcate eccezionali sulla fascia destra.

Hai iniziato la carriera da calciatore a Cittadella nel 1972 ed hai finito a Cittadella dal 1988 al 1991 sempre con Angelo Gabrielli presidente.

Si sono un po’ vecchia maniera, legato a certi valori come la riconoscenza e quando c è stata la possibilità di tornare da dove ero partito l’ho raccolta.

A  Cittadella avevo aperto anche un bar, ma il tornare dove avevo iniziato mi è sembrata la naturale chiusura di un percorso fantastico.

Con i granata del Cittadella ho vinto il campionato interregionale ed ho giocato fino a che mi sono divertito ed il fisico ha retto.

Giocare a calcio e fare sport è bellissimo fino a che si può, bisogna farlo.

Lo sport è la miglior medicina che esista oltre che essere una metafora della vita.

Finita la carriera da giocatore da ventisette anni alleni nelle scuole calcio.

Dopo che ho smesso di giocare ho allenato in interregionale in eccellenza ed in promozione.

In Interregionale ho allenato la Luparense a San Martino di Lupari vicino Padova.

Fu un’annata stupenda.

Giocavamo un gran calcio ma, purtroppo, avevamo due squadroni come Treviso e Triestina nel girone. .

Ricordo sempre la vittoria a Trieste, fu una grande soddisfazione.

Ho anche vinto il campionato di promozione nel 1991-1992 con il Campetra che è un paese vicino a Camposampiero in provincia di Padova.

In seguito ho iniziato con i settori giovanili.

A me piace lavorare coi giovani, ma la cosa più importante è che le linee guida delle società collimino con le tue.

E’ fondamentale, al di là delle disposizioni delle federazioni, avere unità d’intenti tra tutte le parti .

Solo così si può affrontare il lavoro in maniera compatta e dare quel valore necessario al bambino per crescere nel migliore dei modi.

In questo,grazie al mio percorso professionistico ,ho sempre avuto l’autorevolezza necessaria per ottenere buoni risultati.

Spesso si confonde con l’autorità ma sono due cose ben diverse e l’autorevolezza , in ogni mestiere, si guadagna solo sul campo.

Oggi Giancarlo Pasinato insegna nelle scuole calcio ma soprattutto fa il nonno, il  papà, il marito ..

Questo mi viene riconosciuto spesso, ma per me è la normalità .

Sono legato a certi tradizionalismi e ne vado fiero.

Con moglie, tre figlie grandi e due stupende nipoti le giornate sono piene e va bene così . C’è ancora tanto da correre sulla fascia destra della vita.

Vivo a Firenze. Sono appassionato di calcio e di tutto ciò che ruota intorno al pallone,ben oltre la mera cronaca sportiva . Sono papà di due bambini. Gioco da sempre a calcio e ho un innata ammirazione per chi non si arrende al conformismo.

Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *