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Serie B

Spezia, il ritorno al Picco non basta: ancora un pari e il piatto piange!

Sono passati quasi cinque mesi dal nefando spareggio di Reggio Emilia contro il Verona che ha riconsegnato la cadetteria allo Spezia dopo tre stagioni ininterrotte di gloria.

Tanta acqua è passata sotto i ponti da allora. In mezzo un’estate tribolata, con una squadra da rivoluzionare partendo dalla guida tecnica e un progetto sportivo tutto da rifare in vista di una serie B che da qualche anno è diventata una sorta anticamera per l’Inferno, con qualità sempre più bassa e difficoltà economiche generali sempre più palesi, a partire dalla ripartizione dei – miseri – diritti TV.

Le mosse della dirigenza americana, che nel frattempo ha voluto pure cambiare il direttore sportivo affidandosi all’ex viola Melissano, non sembrano essere state buone fin dal principio.

In panchina fuori il disastroso Semplici e dentro l’ex prodigio Alvini, capace sì di fare benissimo in quasi ogni campionato da lui disputato, ma pure di non ottenere mai un successo al suo pessimo esordio in A con la Cremonese l’annata scorsa. Via i senatori N’Zola, Bastoni, Gyasi e Kovalenko, tutti emigrati nella vicina Toscana (Firenze e soprattutto Empoli) a giocarsi la loro fetta di grande calcio. E dentro una serie di giovani di belle speranze ma con un futuro incerto come Kouda e Antonucci, alternati ad esperti della cadetteria come Zurkowski, Bandinelli e Moro.

Della vecchia guardia sono rimasti Dragowski, Nikolaou, Reca, Amian, Ekdal e Verde ma l’impianto di gioco, che doveva essere spumeggiante e offensivo fin dalle prime battute, non è per nulla migliorato. Non c’è chiarezza negli obiettivi, come si dice in gergo. La squadra punta al ritorno in A o a una morbida annata di transizione? Chi può dirlo. I tifosi, intanto, non transigono e già hanno contestato dirigenti e i giocatori invitandoli a tirare fuori gli “attributi”, sempre usando il gergo dell’ambiente.

In questo clima caliente se poi si aggiunge l’esodo forzato nella lontana Cesena a causa dei lavori di ristrutturazione del Picco e l’incomprensibile scelta del nuovo stemma societario dopo 115 anni di storia del club (un incrocio tra il simbolo di Batman e una scopiazzatura del logo del Valencia calcio) ecco spiegato come l’indice di gradimento della piazza spezzina sia sceso ai minimi termini. Il bilancio dopo dieci gare disputate è a dir poco impietoso.

Una sola, sofferta e striminzita vittoria a Piacenza sul campo della neopromossa carneade Feralpi Salò e poi solo tanti pareggi (molti dei quali per 0-0) conditi da quattro cocenti rovesci. Pure i pari sono stati amari, come quello di lunedì scorso (2-2 subito in rimonta allo scadere dalla corazzata Palermo) o quello di ieri, ottenuto finalmente al Picco dopo gara molto scialba contro un non irresistibile Cosenza.

Appena 8 punti raccolti con solo 8 reti all’attivo e ben 13 al passivo: sono troppo pochi anche per un campionato tranquillo. Urge un cambio di marcia immediato per portare la squadra almeno nelle acque serene di centro classifica. Più volte la dirigenza ha rassicurato l’allenatore tenendolo saldo alla guida degli aquilotti dopo il balbettante avvio, forse memore di quanto accaduto oramai quattro anni orsono con il debuttante Italiano, che portò la squadra al miracoloso exploit della promozione in A dopo una grama partenza. Altri tempi, come già detto. Pensiamo all’oggi.

All’immediato orizzonte c’è la sfida in coppa Italia di giovedì contro il Sassuolo dello spezzino e grande ex Mulattieri (anch’egli scontento per lo scarso minutaggio fin qui concessogli da mister Dionisi) e poi tre gare ravvicinate in pochi giorni contro Cremonese, Lecco (recupero infrasettimanale dell’8 novembre) e Ternana.

Dopo la pausa per le nazionali ci sarà il derby del Ferraris in programma la sera di venerdì 24 novembre contro l’altra malata neoretrocessa, la Sampdoria di mister Pirlo e “patron” Radrizzani.

Insomma, si prospetta un mese di fuoco per capire il destino di un’intera stagione.

E come si dice in questi casi: “o bere, o affogare”.

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