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Editoriale

Udinese Genoa 0-0.I pulcini si stanno asciugando. di Diego Pistacchi.

Forse non piccolissimo, certo nero e pulcino incompreso Ekuban lo è finora stato. Con Sheva si sta asciugando, peccato solo che l’ultima cosa rimasta un po’ umida siano le polveri, ma anche per quello verrà un giorno…
Sì, Ekuban è un po’ il simbolo di questo Genoa, del Genoa senza cinque titolarissimi e qualche riserva più che utile, che dimostra di giocarsela con squadre in questo momento più attrezzate.

Certo di avere, già così, un altro spirito e un altro livello rispetto alle ultimissime. La classifica è sempre parecchio brutta ma lentamente si muove. E la cura Shevchenko si rivela più pragmatica e salutare dei tentativi a caso cui si era assistito finora. A partire – prima volta da inizio anno – dalla stessa impostazione iniziale vista per due partite di seguito. Sarebbe stata persino la stessa formazione se il mister non avesse, correttamente, preferito partire con Bianchi anziché con Pandev. Ma per l’appunto lo spartito era lo stesso. E, con qualche accordo trovato in più, anche la musica stavolta ha iniziato ad ascoltarsi. Sempre con i limiti del momento e degli interpreti.


Interpreti che però non salgono più sul palco senza sapere cosa suonare e con la paura di steccare.
E allora proprio Ekuban, che non è un virtuoso assoluto, dimostra di non essere neppure uno strimpellatore da strada. Forse perché finalmente impiegato in quello che è un ruolo a lui naturale, non a cercare improbabili dribbling sulla fascia, ma a giocare di fisico, tenere palla, spizzare per i compagni, resistere alle rudezze degli avversari e alla scarsa tutela arbitrale (anche se la perla resta la mancata espulsione di Molina su Rovella) e, appena possibile, far vedere che anche con il pallone nei piedi qualche movimento da attaccante puro ce l’ha. Il gol sbagliato, certo. Ma un gol sbagliato di centimetri dopo essersi procurato l’occasione come fanno i veri centravanti. Non può essere da 8 la sua prova, ma finalmente si è capito che i 4- ottenuti giustamente finora andavano equamente divisi: 2– a lui e 2– a chi lo faceva giocare così. Non può essere l’attaccante titolare del Genoa, ma la sua scelta come terza punta non era un’istigazione alla bestemmia.


Aggiungiamo Sabelli? Limitato, certo. Ma non da mani nel sangue, impiegato da esterno di centrocampo, non da quinto di difesa. Come Cambiaso dalla parte opposta, ma qui siamo già nella sfera di quelli che non sfigureranno neppure dopo il mercato di gennaio. E Sturaro? Biraschi? Ancora convinti di spegnere la tv appena si vedono i loro nomi in formazione? Chi contro la Roma non aveva visto già un netto miglioramento nei movimenti di squadra probabilmente confondeva errori di singoli con posizioni e impostazioni che invece per 80 minuti, cioè finché aveva retto una condizione fisica per la quale occorre sempre ringraziare i parenti adottivi, aveva consentito di concedere poco al gioco di una squadra d’attacco e di campioni. Si ripete a scanso di equivoci: occasioni derivate da impostazioni e movimenti di squadra non ne erano arrivate, e le palle gol (oltre che i gol) nascevano tutte da errori di scelta di tempo o di giocata dei singoli.


Dettagli che non sono mancati neppure contro l’Udinese. Neppure da parte di Masiello, uno dei migliori specie nella ripresa. Ma sono cose che non possono essere confuse con il lavoro del tecnico.
La strada è ancora lunghissima, sarebbe folle raccontare della bacchetta magica di Sheva. Ma è stato lui stesso a dire di non averla e di non voler usare quella come arma, preferendo allearsi con tempo e pazienza. Il pareggio, strameritato, serve a corroborare queste convinzioni, a capire che dove si può, anche prima di gennaio, si faranno punti utili alla fine. Serve come un asciugamano, per riscaldare tanti pulcini bagnati, che con le piume un po’ meno zuppe dimostrano di non essere indegni della maglia da Grifoni, pur pronti e magari persino speranzosi di tornare presto nelle retrovie dello stormo, appena rientreranno o arriveranno altri Grifoni più forti a costruire il nido per tutti. Sempre un po’ più in alto.

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